Questi anni
Oggi mi e' capitato di leggere: Contrariamente a quel che si crede, l'uomo, in generale, e' cinico solo quando e' molto giovane; a mano a mano che passano gli anni, diventa meno rigido e anche meno coraggioso. Il giovane predilige la realta'; l'uomo maturo la subisce; e il vecchio, piu' saggio, la evita, ma invano, perche' essa lo raggiunge allo scoccare dell'ultima ora.
E qualche pagina dopo: In certe persone, le eta' della vita o, se preferite, le diverse fasi della vita coabitano e, di tanto in tanto, cio' e' intollerabile. Una parte di loro si rassegna, invecchia, anticipa persino la vecchiaia; l'altra si e' fermata all'adolescenza, alla giovinezza. E' questo che e' difficile.
(Brani tratti da: Irene Nemirovsky, Due, Biblioteca Aldelphi 2010).
Commenti
mettiamola cosƬ: "sognatore cinico", e che non si parli di controsenso...
JC
Come direbbe il mio amico Boris, appassionato lettore di trattati di epistemologia, "Vero e' una parola grossa".
Hrundi -
Chissa', pero' sai che credo sempre meno alla casualita' delle coincidenze?
JC -
Per te (e per me) credo si possa applicare il frammento che fa cenno a una parte che resta cristallizzata nella giovinezza.
Non so se tu sia padre, ma io credo che avvenga a un certo punto della vita una specie di involontaria cortocircuitazione tra il fatto di non avere assunto quel ruolo e il fatto di restare sempre un po' adolescenti.
E' un'impressione, basata peraltro sul nulla (ne' cose che ho letto ne' altro). Si entra in una specie di sindrome di Peter Pan dalla quale uscire e' assai difficile (a questo proposito, scrivendo questa frase mi e' venuto in mente un trattato del professor Aldo Carotenuto sul tema, che lessi tanto tempo fa e credo sia rimasto nella libreria della casa di Milano: peccato, forse troveremmo in quel libro alcune risposte o almeno spunti interessanti).
L'unica sostanziale differenza (sostanziale davvero) e' che la maturita' mi ha fatto capire (tardi, ma meglio che mai) che e' importante cercare di rendersi felici. E' fondamentale.
Solo le persone felici possono rendere felici gli altri. E' quasi un dovere morale essere felici, ne sono convinto.
Come diceva Grant Lee Philips: "happiness... If you find it share it with the rest of us..."
Non ho figliato, perchĆ© ritengo che si sia giĆ in troppi su questa terra... perĆ² sono "doppio" zio. E ne avanza.
JC
Sarebbe, la ricerca della felicita' collettiva, la materia principale da insegnare nelle scuole, e invece ci hanno inculcato questa costruzione intellettuale innaturale e individualista dell'eroe romantico, che ci vuole poi una vita per smontare...
JC "mythology ain't that bad"
"Vedi quanti ve ne sono stati", certo, ma anche quale fine hanno fatto, e quanti pochi siano stati davvero felici, rispetto a quelli torturati dai propri fantasmi.
La felicita' non e' di casa in quei personaggi.
Per felicita' intendo felicita' condivisa, collettiva.
Felicita' donata. Sto pensando di tenere un piccolo elenco delle cose (non solo materiali) che dono ogni giorno. Che condivido, senza chiedere nulla in cambio.
Di tenerne un conto, facendone un consuntivo ogni sera.
Allo stato attuale non sono molte. Credo che la ricetta della felicita' passi dall'aumentare cio' che si condivide, che si dona senza chiedere alcun corrispettivo.
Sto invecchiando, lo so.
fatto ĆØ che oggi sono i miei 43 e la prima cosa che ho letto questa mattina ĆØ stato il tuo post....ĆØ?
E spero che il post non ti abbia troppo disturbato, non era mia intenzione :)
Le coincidenze non esistono, sta a noi farne tesoro.
triste, ma ineluttabile.
JC
Credo che l'arte ti parli solo se anche tu un po' quegli abissi li hai scoperchiati. Se "a queste cose non pensi" credo che l'arte ti lasci piuttosto indifferente, e che tu prediliga altro (la musica da classifica, il calcio, il cinema di Hollywood, lo shopping, ecc.: tutte cose che vanno benissimo, ci mancherebbe, meglio precisare).
Quindi no, non credo ci sia alcun beneficio condiviso con quella che chiami "la gente normale" secondo me.
Credo che il confine che e' pericoloso oltrepassare sia l'autocompiacimento: quello porta all'isolamento, alla solitudine, e al pericolo di cristallizzare la propria identita' in schemi circolari a fondo cieco.
Come scrisse Marc Auge' (in "Che fine ha fatto il futuro?") "L'identita' cristallizzata, stereotipata, e' gia' solitudine e, per converso, meno sono solo, piu' esisto".
poi ĆØ chiaro che se non hai empatia o vicinanza con certi argomenti toccati dall'arte, non te la puoi snetire vicina, e non ti piace. Se non ti "parla", non puoi ascoltare.
JC
"Sto pensando di tenere un piccolo elenco delle cose (non solo materiali) che dono ogni giorno. Che condivido, senza chiedere nulla in cambio" .. "il dare" dovrebbe essere una cosa naturale e non da catalogare.
next- gli eroi romantici mi rendono felice, quindi in un modo o l'altro generano felicita' negli altri.
Next - Da canto mio l'"arte" mi ha aiutato a uscire fuori dal mio isolamento e e a conoscere molte persone interessanti. poi bisognerebbe riflettere sul significato di "arte" e anche di "persone normali"? Per esempio trovare una persona piu' normale e equilibrata di me, e' dura...ah ah ah
Next - sulla solitudine, certe vole piu' sei solo e piu esisti. Per esempio, da da canto mio quando faccio una camminata in riva al mare o in campagna da sola, o anche in citta'.. mi rendo conto della "MIA" esistenza senza condizionamenti esterni.
Next - compleanno:
Ma Fabio, perche' non si organizza una festa per il tuo compleanno?
Voglio una festa!!!
Il cinismo della gioventĆ¹ ĆØ l'incoscienza della propria inevitabile morte come presupposto di un'esistenza vera.
Pensiero, questo, che solo la maturitĆ puĆ² concepire e affrontare.
Il cinismo della maturitĆ appare spesso in forme striscianti, meno ostentate di quello della gioventĆ¹, che invece ne sono forme pure, e quindi innocenti.
Il cinismo della maturitĆ ĆØ una maschera che spesso copre una mancanza di saggezza, un percorso evolutivo arrestato, involuto. Forse quello che Gadamer definisce il "pathos del disincanto", che tanto paralizza la societĆ postmoderna.
La Nemirovsky non scrive dei nostri tempi, e si sente.
(Buon compleanno)
Puo' darsi di si', che fossi una giovane gia' matura.
In ogni caso, credo che sia sempre importante esercitare una qualche distanza critica dalla propria esperienza immediata, e interpretare anche le prospettive degli altri dopo aver provato a riflettere sul loro significato anche implicito. Non e' un rimprovero eh, solo un invito.
Andre, Arte e Laura -
Grazie per gli auguri!
JC -
Sai che pero' a quella che chiami "la massa di automi" sto iniziando a riconoscere una certa desiderabile concretezza, foss'anche la semplice conseguenza dell'assenza di laceranti dubbi?
Arte -
Sono molto d'accordo con te. Irene Nemirovsky visse tempi anteriori e diversi rispetto all'attuale eta' del disincanto (direi che la definizione di Gadamer dovrebbe arrivare su per giu' dagli anni '60, quindi dopo la scomparsa della scrittrice ucraina e dopo 40 anni dalla pubblicazione del libro citato). Oggi forse la Nemirovsky interpreterebbe il cinismo come fenomeno culturale piu' universale, o almeno trasversale rispetto a tutta una serie di variabili: maggiore conoscenza del mondo = maggiore disincanto = maggiore cinismo diffuso?
magari sono io che non ho capito niente di pocme vivere; tuttavia vivo con grande serenitĆ , "all considered"...
JC
Beh, credo che la serenita' sia la risposta al tuo quesito no? Vuol dire che hai trovato un buon equilibrio. (Poi separatamente magari mi spieghi come si fa :)
Ti faccio un esempio per provare a sviluppare il mio commento. Anni fa mi capito' di amdare a sentire un'intervista a Nanni Moretti al British Film Institute.
Una cosa mi colpi' in particolare. Disse che (poi bisogna vedere se e' proprio cosi', ma lui lo disse) lui non ebbe mai dubbi sul fatto di diventare un regista.
Spiego' che molti suoi amici appassionati di cinema sognavano quel tipo di carriera. Ma poi pensarono anche a un piano B. Chi faceva la scuola di cinema e intanto si era iscritto a medicina, chi a legge, ecc.
E infatti, disse Moretti, oggi sono dottori, avvocati...
In questo senso, l'assenza di dubbi, almeno i piu' laceranti (che di solito riguardano il futuro) forse permette di concretizzare di piu'.
(L'esempio non e' cosi' peregrino, se pensi a te e a me, e alla nostra passione per la musica, che coltiviamo in spazi interstiziali rispetto al mainstream della vita, no?).
Guardando al tuo esempio concreto su Moretti, perĆ², penso che ci sia differenza tra l'avere una meta, un'ambizione lavorativa, un sogno, a cui restare fedele e per cui impegnarsi a dispetto di tutto (che significa crederci), e il non avere dubbi mai su convinzioni, principi, idee (che significa fossilizzarsi). Senza dubbio non c'ĆØ crescita, non ci si mette in discussione.
Senza dubbio non c'ĆØ creativitĆ nĆØ curiositĆ , perchĆØ si sa giĆ la risposta.
Gli estremi sono la fossilizzazione, giusto, ma dal capo opposto trasformazioni che a volte comprendo poco (certi incendiari diventati pompieri che capita a tutti noi di conoscere).
In ogni caso non intendevo "enunciare un principio", quanto piuttosto condividere una riflessione personale.
Il dubbio, il fermarsi troppo a riflettere, porta poi a guardare le auto impazzite che quando ti volti sono gia' lontane.
Il tempo va avanti, sempre, anche quando noi ci fermiamo.
Non so se queste parole risuonano Arte: probabilmente no. Dipende da quanto tempo senti di aver perduto muovendoti in cerchi di dubbi concentrici.
Io, tanto.