Jose' Saramago, Tutti i nomi (Caminho/ Einaudi, 1997)
Tutti i nomi non e' tra i romanzi piu' noti di Saramago (scrittore del quale abbiamo gia' parlato un paio di volte, qui e qui). Io pero' lo trovo tra i suoi piu' riusciti, sia per lo stile narrativo molto armonico (specie se conoscete gia' lo scrittore portoghese, e lettura dopo lettura, avete iniziato ad apprezzare i suoi periodi infiniti), che per la molteplicita' di chiavi di lettura, che costringono a un lavoro di interpretazione costante.
E' un libro solo apparentemente semplice. Si racconta la storia del signor Jose', uno scritturale dell'anagrafe di una citta' senza nome, molto disciplinato e rispettoso delle gerarchie e delle regole burocratiche, oltre che metodico in tutto cio' che fa.
La sua vita si divide tra il lavoro e un unico hobby, una collezione di ritagli di giornali e foto di celebrita'.
La sua abitazione comunica con gli uffici dell'anagrafe attraverso una porta, che il signor Jose' varca di notte, per consultare i due archivi (quello dei vivi e quello dei morti), alla ricerca di informazioni sulle celebrita' delle quali tutto desidera sapere.
Un giorno, si imbatte per caso nella scheda anagrafica di una donna sconosciuta, e decide senza una ragione speciale (se non forse la solitudine endemica che pervade la sua vita) di andare alla sua ricerca. E da quella ricerca uscira' trasformato, per sempre...
Come in altri suoi libri (vengono in mente in particolare Cecita' e Il Vangelo secondo Gesu' Cristo), in Tutti i nomi Saramago esplora l'effetto della solitudine sull'animo umano, e il potere redentivo di iniziare a pensare in termini di noi.
Il tono e' pero' abbastanza diverso da quello di altri suoi volumi, in qualche modo piu' leggero (anche se non mancano tonalita' kafkiane, soprattutto nella descrizione del rapporto con la figura autoritaria e parentale del Conservatore), a tratti quasi cupamente umoristico.
Tra le tante chiavi di lettura possibili dell'enigmatico dialogo finale (che mi ha ricordato un po' anche l'Hesse surreale di Il lupo della steppa) a me piace pensare che la decisione di mischiare negli schedari i nomi dei morti con quelli dei vivi abbia a che fare con il potere dell'amore, dell'uscire dalla propria solitudine anche assumendosi rischi, dell'affermare le proprie emozioni anche quando questo costringe a scardinare le nostre abitudini e a rinnovarci profondamente. Essere vivi dipende spesso dalle nostre scelte.
Un bell'intervento di Saramago sul romanzo come spazio di riflessione, e sulla necessita' di comprendere l'altro, lo potete ascoltare qui.
E' un libro solo apparentemente semplice. Si racconta la storia del signor Jose', uno scritturale dell'anagrafe di una citta' senza nome, molto disciplinato e rispettoso delle gerarchie e delle regole burocratiche, oltre che metodico in tutto cio' che fa.
La sua vita si divide tra il lavoro e un unico hobby, una collezione di ritagli di giornali e foto di celebrita'.
La sua abitazione comunica con gli uffici dell'anagrafe attraverso una porta, che il signor Jose' varca di notte, per consultare i due archivi (quello dei vivi e quello dei morti), alla ricerca di informazioni sulle celebrita' delle quali tutto desidera sapere.
Un giorno, si imbatte per caso nella scheda anagrafica di una donna sconosciuta, e decide senza una ragione speciale (se non forse la solitudine endemica che pervade la sua vita) di andare alla sua ricerca. E da quella ricerca uscira' trasformato, per sempre...
Come in altri suoi libri (vengono in mente in particolare Cecita' e Il Vangelo secondo Gesu' Cristo), in Tutti i nomi Saramago esplora l'effetto della solitudine sull'animo umano, e il potere redentivo di iniziare a pensare in termini di noi.
Il tono e' pero' abbastanza diverso da quello di altri suoi volumi, in qualche modo piu' leggero (anche se non mancano tonalita' kafkiane, soprattutto nella descrizione del rapporto con la figura autoritaria e parentale del Conservatore), a tratti quasi cupamente umoristico.
Tra le tante chiavi di lettura possibili dell'enigmatico dialogo finale (che mi ha ricordato un po' anche l'Hesse surreale di Il lupo della steppa) a me piace pensare che la decisione di mischiare negli schedari i nomi dei morti con quelli dei vivi abbia a che fare con il potere dell'amore, dell'uscire dalla propria solitudine anche assumendosi rischi, dell'affermare le proprie emozioni anche quando questo costringe a scardinare le nostre abitudini e a rinnovarci profondamente. Essere vivi dipende spesso dalle nostre scelte.
Un bell'intervento di Saramago sul romanzo come spazio di riflessione, e sulla necessita' di comprendere l'altro, lo potete ascoltare qui.
Commenti
Tu ne hai probabilmente meno bisogno di me, Arte, ma sapendo che ti piace lo stile di Saramago, te lo consiglio.
Se ami lo scrittore portoghese, vedrai che Tutti i nomi non ti deludera', anzi.