Perduta in partenza
"Verso i vent'anni attraversai un breve periodo durante il quale combattei una strenua battaglia, perduta in partenza, per diventare un individuo socievole che ama la compagnia".
http://www.einaudi.it/libri/libro/jerome-david-salinger/alzate-l-architrave-carpentieri-e-seymour-introduzione/978880620871
Vi confesso che la mia incapacita' di usare i social networks mi genera un crescente disagio. Sto cercando di forzarmi a scendere a patti, ma non riesco proprio a capire cosa tante persone trovino di cosi' bello in Facebook, Linkedin, ecc.
Intanto esteticamente i social networks sono bruttissimi. Disegnati, sembra, in 5 minuti, e mai aggiornati. Prendete Facebook. E' come la carta d'identita'. Va bene, per ogni utente cambiano la foto, la data di nascita, la professione (esattamente come negli schedari dell'anagrafe), e quello che ognuno decide di postarci (anche se su questo possiamo discutere: sembra che la foto sorridente col bicchiere in mano e quella altrettanto sorridente in costume in riva al mare siano un dovere, al quale pochi, uomini e donne, giovani e âgé riescono a sottrarsi - anche perche' se non le postano loro nel loro profilo lo fa' qualcun altro "a loro insaputa").
Ma com'e' possibile che "amici" diversissimi (alcuni estremamente creativi nella loro vita) abbiano pagine graficamente identiche? Stessi colori (tristissimi, da documento di riconoscimento), stesso font, stesse dimensioni.
Cioe', tecnicamente non e' proprio cosi', lo so. Puoi scegliere tra la lista della spesa e il cosiddetto diario. Pero' poi basta, fine della personalizzazione. Nel 2004 (quindi non ieri), quando iniziai a scrivere questo blog, c'erano in blogger una quantita' piuttosto alta di modelli, e chi e' bravo con html (io no) ne sceglie uno di partenza e poi se lo puo' personalizzare, rendendo la propria pagina unica per layout, colori, ecc. Quindi cosa ci vorrebbe a rendere i social networks un po' meno omogenei?
Detto tutto questo, e' inutile negare che Facebook una sua utilita' l'abbia. Permette di tenere contatti superficiali con tante persone, mandare un salutino sotto forma di like a chi non vediamo dal 1995, condividere informazioni di base sulla propria ubicazione (con dimostrazione fotografica) e il proprio stato emotivo, sfogare ingiustizie subite, delusioni politiche e calcistiche, entusiasmi per un piatto appena gustato.
Se non ci sei, se non posti un pensierino ogni tanto, sono sicuro che molte persone si dimenticano della tua esistenza. Smetti di esistere, come se fossi morto nell'indifferenza generale. E quindi resta il disagio, proprio perche' non puoi non esserci. Non puoi non usare i social networks, perche' e' cosi' che si comunica adesso, o almeno che si mantengono le relazioni.
E quindi?
http://www.einaudi.it/libri/libro/jerome-david-salinger/alzate-l-architrave-carpentieri-e-seymour-introduzione/978880620871
Vi confesso che la mia incapacita' di usare i social networks mi genera un crescente disagio. Sto cercando di forzarmi a scendere a patti, ma non riesco proprio a capire cosa tante persone trovino di cosi' bello in Facebook, Linkedin, ecc.
Intanto esteticamente i social networks sono bruttissimi. Disegnati, sembra, in 5 minuti, e mai aggiornati. Prendete Facebook. E' come la carta d'identita'. Va bene, per ogni utente cambiano la foto, la data di nascita, la professione (esattamente come negli schedari dell'anagrafe), e quello che ognuno decide di postarci (anche se su questo possiamo discutere: sembra che la foto sorridente col bicchiere in mano e quella altrettanto sorridente in costume in riva al mare siano un dovere, al quale pochi, uomini e donne, giovani e âgé riescono a sottrarsi - anche perche' se non le postano loro nel loro profilo lo fa' qualcun altro "a loro insaputa").
Ma com'e' possibile che "amici" diversissimi (alcuni estremamente creativi nella loro vita) abbiano pagine graficamente identiche? Stessi colori (tristissimi, da documento di riconoscimento), stesso font, stesse dimensioni.
Cioe', tecnicamente non e' proprio cosi', lo so. Puoi scegliere tra la lista della spesa e il cosiddetto diario. Pero' poi basta, fine della personalizzazione. Nel 2004 (quindi non ieri), quando iniziai a scrivere questo blog, c'erano in blogger una quantita' piuttosto alta di modelli, e chi e' bravo con html (io no) ne sceglie uno di partenza e poi se lo puo' personalizzare, rendendo la propria pagina unica per layout, colori, ecc. Quindi cosa ci vorrebbe a rendere i social networks un po' meno omogenei?
Detto tutto questo, e' inutile negare che Facebook una sua utilita' l'abbia. Permette di tenere contatti superficiali con tante persone, mandare un salutino sotto forma di like a chi non vediamo dal 1995, condividere informazioni di base sulla propria ubicazione (con dimostrazione fotografica) e il proprio stato emotivo, sfogare ingiustizie subite, delusioni politiche e calcistiche, entusiasmi per un piatto appena gustato.
Se non ci sei, se non posti un pensierino ogni tanto, sono sicuro che molte persone si dimenticano della tua esistenza. Smetti di esistere, come se fossi morto nell'indifferenza generale. E quindi resta il disagio, proprio perche' non puoi non esserci. Non puoi non usare i social networks, perche' e' cosi' che si comunica adesso, o almeno che si mantengono le relazioni.
E quindi?
Commenti
Le Gamin au Velo (sidebar del tuo blog): lo consigli? I frères Dardenne li considero un po' frères Deprime, ma il titolo del film mi piace molto :)
Pero' il funzionalismo produttivista omologato di Facebook mi sembra un po' triste.
Molti dei blog che ero solito leggere avevano delle belle impaginazioni, dei bei colori, fotografie di grandi dimensioni, post scritti con un po' di impegno, riletti...
Su Myspace hai certamente ragione: infatti non l'ho mai amato proprio per le ragioni che dici.
Le gamin au Velo e' molto ma molto meno deprimente di Rosetta, Il figlio e altri film dei Dardenne, pur mantenendo lo stesso spirito neo-neorealista e lo stesso sguardo disincantato sulla societa'. A me e' piaciuto molto, l'ho trovato in qualche modo positivo.
Il loro è un cinema straordinario e unico in Europa, con personaggi reali interpretati da attori bravissimi e in tutti i loro film vi è sempre una via d'uscita anche dalle situazioni più disperate.
Non ho visto questo film perché nel nostro bel paese non esiste la possibilità di vederlo in lingua originale e tocca vederlo col solito doppiaggio in stile telefilm che rovina tutto e in special modo film come i loro dove il sonoro in presa diretta è realizzato con una cura straordinaria non essendoci tra l'altro colonna sonora.
In compenso oggi pomeriggio ho visto l'ultimo di Virzì, con una presa diretta pessima oltre ché pesantemente biascicato da tutti gli attori che, come se non bastasse, parlano tutti in livorenese abbastanza stretto rendendo davvero difficile la comprensione del testo anche a me che un po' conosco certe espressioni di quelle parti.
In più dovrebbe essere una commedia e invece, quello sì, mi ha messo addosso una tristezza senza speranza.
Una delle idee che mi piacerebbe realizzare e' quella di pubblicare solo copertine, poster, magari una frase... lanciare un tema insomma, e poi commentare insieme. Anziche' scrivere, io, un monologo. Che poi, rileggendoli i miei monologhi mi sembrano tutti un po' troppo uguali.
Il problema che menzioni, Francesco, vale non solo per i film dei Dardenne, anche se nel loro caso l'assurdita' del doppiaggio e' enfatizzata dal fatto che i rumori ambientali della presa diretta sono parte integrante del realismo, cosi' caratteristico del loro linguaggio cinematografico. E nel doppiaggio si perdono.
Quando sono in Italia cerco di vedere film parlati in italiano, proprio per evitarmi lo strazio della sovrapposizione di una voce italiana.
In questo film la via d'uscita e' nella relazione tra la parrucchiera e il bambino rifiutato dal padre. Quando lo avrai visto magari parliamo delle motivazioni di lei - ne e' seguito un bel "dibattito" con la persona che ha visto il film con me, che ti raccontero' (ma non ora, prima devi vedere il film, altrimenti non si capirebbe il "dibattito").
finita questa chance per me tocca rivolgersi altrove, piccole videoteche credo più costose, ma anocra non so esattamente come e quando farlo.
per ciò che riguarda i blog la mia idea è che non siano morti causa Facebook, piuttosto che si sia esaurita la spinta propulsiva della novità del mezzo.
per quello che vedo io molti lo hanno scoperto e usato e in un certo senso ciascuno vi ha buttato dentro cose che magari aspettavano da molto tempo di essere rese pubbliche, quasi ad affermare una visibiltà, una presenza nel mondo che altrimenti molti non avrebbero avuto.
finita questa prima fase vedo che molti non hanno più nulla da scrivere oppure continuano a scrivere le stesse cose.
le cose interessanti rimangono i blog collettivi o quelli dedicati a un singolo tema o quelli musicali.
diciamo che invece il modello "egocentrico-narcisista" prosegue in facebook o si esaurisce a poco a poco, il che a mio parere non è del tutto un male.
Ed e' proprio cio' che rende Facebook cosi' sgradevole. E' in atto un appiattimento verso strati bassissimi, un'esposizione di un'intimita' che si autogenera.
Se Cristina mette la foto del fidanzato in costume da bagno, perche' io non posso farlo, sembrano chiedersi molte utenti. E si rispondono, appunto, mettendo la foto del fidanzato in costume da bagno.
Prima pero' Paola avra' cliccato like alla foto del fidanzato di Cristina, cosicche' quando Paola mostrera' il bicipite e il pacco del fidanzato, Cristina rispondera' con un like.
E via cosi', all'infinito, pacco dopo pacco, like dopo like.
Insomma: il belli di Facebook NON è Facebook, ma la possibilità di avere un framework per l'unificazione, la gestione e il filtraggio di crowd-generated information. Insomma, il "motore" di FB unito al tuo PN (Personal Network) ti permette di tenerti in contatto non con un blog, e nemmeno con una serie di blogs come potresti fare con qualsiasi RSS feed reader, ma con la tua visione personal della "wisdom of the crowds". Certamente il 90% degli utenti lo usa esclusivamente per scopi superficiali e narcisisti. Sarebbe bello avere un FB "per grandi"... Oh wait, c'è, si chiama Google +. Peccato non ci sia venuto nessuno.
Les frères Dardenne e il MALEFICO doppiaggio italico : sono d'accordo su tutto. Blockbuster l'abbiamo fatto fallire noi negli usa passando a Netflix. Da voi manca pure Netflix, e mi dicono, nemmeno Spotify: posso solo consigliare l'emigrazione :)
Una mia amica una volta mi diceva che Facebook secondo lei e' come la piazza del paese, comprese le vecchine che guardano attraverso le persiane...
In piu' un blog richiede un po' di passione e disciplina per essere mantenuto, passione e disciplina che non appartengono a molti, e che pero' sono anche caratteristiche che mi viene da associare con una certa qualita' di fondo, una cura di cio' che si fa.
Alla fine si', forse Facebook consente di aggregare tante informazioni. Ma certe discussioni interessanti so che le potro' fare qui, con i miei pochi ma ottimi lettori.
Su Blockbuster, Netflix e Spotify faccio fatica a commentare. Vivo a Londra da 11 anni, e ho accesso a tutta la musica e ai film che desidero, di oggi e di ieri, tutti in lingua originale. Mi considero infatti immensamente fortunato. Quello che manca e' solo il tempo per seguire tutto quello che vorrei (scrisse Fabio, un attimo prima di uscire e andare a sentire Chick Corea al Barbican).
Del resto ho espresso un dubbio, non una certezza. Mi (e vi) pongo una domanda.
Sto esprimendo apertamente il mio disagio nei confronti di un medium che non mi piace, non so usare, ma che e' molto potente e ha cambiato il modo di comunicare di (e tra) tante persone. Per esempio deviando l'attenzione dai blog (che sono diventati come biciclette su strade di campagna laddove i Facebook sono SUV rombanti in autostrada).
Poi ho smesso di riflettere ul tema e ho lasciato perdere.
Nicola
Ieri mi e' capitata una cosa strana, proprio in Facebook. Mi ha detto che qualcuno stava cercando di taggare una mia foto.
Io immaginavo che fosse la solita storia di qualcuno che mette una tua foto sul web (quite annoying). E invece era uno della Artchipel Orchestra che stava cercando di taggare se stesso in una foto postata da me.
In calce alla foto c'era una breve discussione tra te, Giovanna e me.
Ma da quando ti sei cancellato (e devi averlo fatto con tutti i crismi) i tuoi interventi sono scomparsi. Per cui sembra che stiamo interagendo con "l'amico immaginario".
La ragione per la quale persone che quando le incontri scopri essere indubitabilmente intelligenti poi in Facebook regrediscano a se stessi alla scuola media sarebbe da studiare da un bravo team di psicologi.
Poi temo pero' che le conclusioni verrebbero fatte sparire, nella nostra democratica societa', come succede con le radiazioni dei telefoni cellulari, gli effetti dell'uranio impoverito, e fino a poco tempo fa dell'amianto e del fumo passivo.
Facebook is the new TV.