Cartellino



Il mio posto "fisico" di lavoro e' dove appoggio il mio computer e il mio telefono. Questo mi consente di lavorare indifferentemente dall'ufficio di Londra, da quello di Milano, dal mio soggiorno, ecc.

Il mio direttore sta a Chicago, i miei collaboratori piu' stretti a New York e a Varsavia. Qui in Inghilterra ho solo una collaboratrice che abita fuori Londra (uno dei suoi vicini di casa e' Nick Cave!) e che vedo una volta al mese quando va bene, anche se ci parliamo tutti i giorni.

Il mio orario di lavoro lo decido in genere organizzandolo attorno a una serie di riunioni che avvengono spesso anche a orari un po' assurdi (stanotte sono stato su Skype col mio direttore a scrivere un rapporto di ricerca fino alle 23, per dire), o a impegni personali (tipo quando devo volare a Milano, quando c'e' qui a Londra la Gio', ecc.).

Lavoro tanto e in genere ricevo giudizi positivi. Ma con i miei ritmi, prendendomi delle pause e piccole liberta' che so per esperienza che mi serviranno a rendere al meglio quando devo concentrarmi.

Per questo, quando leggo sui giornali italiani, com'e' successo ancora in questi giorni, la gogna alla quale sono sottoposti i cosiddetti "furbetti" che durante l'orario di lavoro si assentano dall'ufficio mi viene la pelle d'oca.

Ma davvero nel ventunesimo secolo si ritiene ancora accettabile che i lavoratori timbrino il cartellino, che debbano essere incatenati in ufficio con obbligo di presenza, che non siano liberi di decidere il proprio orario - naturalmente garantendo un buon rendimento?

Davvero si pretende che un lavoratore non sia libero di uscire per andare a pagare una fattura, in banca, a bere una tazza di caffe', a comprare un libro, a fare una breve passeggiata, dal dottore? Che sia incatenato alla scrivania da un'ora sempre la stessa a un'altra sempre la stessa, tutti i giorni, fino a quando, ormai svuotato di vita e di umanita', a 70 anni andra' in pensione?

E li considerate davvero "furbetti" quelli che cercano di assecondare il residuo di impulso vitale rimasto in loro? Non sono, le loro, strategie minime di sopravvivenza?


Domani mattina alle 8.35 saro' ospite di Radio Popolare per parlare di Brexit.

Commenti

CICCILLO ha detto…
beh, se mi posso permettere, non ĆØ la stessa cosa.
i cosiddetti "furbetti del cartellino" sono persone che NON svolgono il loro lavoro oppure sono addetti a mansioni inutili e questo ovviamente non ĆØ un problema solo loro ma di chi li dirige.
non ĆØ che siccome vanno a prendersi un gelato poi si mettono a lavorare fino alle 23 per recuperare, ĆØ che vanno a mangiarsi un gelato e basta e poi finito l'orario se ne vanno a casa guardandosi bene dal portare con sĆ© il lavoro rimasto.
senza contare che la maggior parte di questi NON usa il computer per lavorare e spesso nemmeno il cartaceo perchƩ fanno altro.
ĆØ probabile comunque che il loro destino sia di essere sostituiti da una macchina (come rimarcavi nel post precedente) oppure da lavoratori stranieri e con contratti da fame.
a mio parere sono piĆ¹ che altro persone che danzano sull'orlo dell'abisso, totalmente inconsapevoli e questa ĆØ la loro principale colpa (anche se la parola non mi piace molto, diciamo che sono degli inconsapevoli irresponsabili).
Fabio ha detto…
Sono s'accordo che non si possa parlare di "colpa", infatti e' il senso del mio post.

C'e' un modello di organizzazione del lavoro che probabilmente era gia' anacronistico 40 anni fa e che oggi, con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione degli ultimi anni, non ha proprio piu' ragione di esistere.

Allora mi domando: sono loro a essere irresponsabili, o e' il modello del quale fanno parte che non da' loro un'alternativa?

Potrebbero andare a prendersi un gelato e poi svolgere il loro lavoro di sera? Se non possono, secondo me e' il modello organizzativo a essere inadeguato, non loro.

L'obiettivo dovrebbe essere che il loro compito venga svolto, con scadenze concordate.

Sull'altro tema che affronti, quello della sostituzione dei lavoratori con le intelligenze artificiali, come scrivevo qualche giorno fa sarebbe bello ci fosse piu' consapevolezza, dato che si tratta di un fenomeno ormai molto evidente.

La soluzione non e' fermare il progresso, che sarebbe impossibile, ma come abbiamo scritto tante volte ridistribuire tempi di lavoro e ricchezza.

Ancora una volta, incatenare una persona alla scrivania per 8 ore e costringerne un'altra a non lavorare non ha senso, quando potrebbero lavorare entrambi 4 ore arrotondando il salario con un reddito di cittadinanza finanziato socializzando l'aumento di produttivita' del quale ora si avvantaggiano solo gli imprenditori.

Credo che su questo siamo entrambi d'accordo. Ancora una volta grazie per avermi fatto riflettere.
CICCILLO ha detto…
sƬ, siamo d'accordo.
ma questo ĆØ perchĆ© il settore pubblico in Italia ĆØ stretto fra l'incapacitĆ  della sua classe dirigente, generalmente di nomina politica e dunque inetta o sciatta, e l'irresponsabilitĆ  dei lavoratori dipendenti, succubi da un lato e ai quali non resta che mettere in atto quelli che tu vedi come "impulsi vitali" e a me paiono solo piccoli atti individualistici che servono solo a chi li compie e non alla comunitĆ  della quale il lavoratore stesso dovrebbe essere al servizio.
finchƩ non ci sarƠ un cambiamento di mentalitƠ importante da questo punto di vista (e che vale per molte altre cose, dall'ambiente ai servizi pubblici, dalla scuola al mondo del lavoro) in Italia non cambierƠ mai nulla.
purtroppo non aiuta la contrapposizione eterna fra pubblico inefficiente e privato efficiente creata ad arte dai media mainstream per interessi meramente economici.
ma va detto che finchƩ non ci sarƠ un risveglio, oserei dire quasi spirituale, dei lavoratori pubblici e una presa di responsabilitƠ forte, quasi un "pubblic pride", quei media avranno buon gioco nel continuare a denunciare inefficenze e corruzione e assenteismo perchƩ in tutti i modi ci sarƠ solo l'imbarazzo della scelta.
Fabio ha detto…
La contrapposizione tra pubblico inefficiente e privato efficiente e' stata sviluppata a arte in funzione delle privatizzazioni e della de-sindacalizzazione del lavoro dipendente.

Possiamo tutti portare una lunga lista di servizi privati che non funzionano come vorremmo: il fornitore di connettivita', l'amministrazione di condominio, la banca, il corriere postale, ecc.

Cosi' come servizi pubblici che funzionano in modo soddisfacente: la sanita' pubblica (almeno per la mia esperienza), la scuola pubblica (almeno prima della sciagurata riforma), gli uffici postali dei piccoli centri, ecc.

Anzi, sono i servizi privati che dovendo sottostare alla logica di massimizzazione del profitto degli azionisti (che spostano ingenti capitali in un nanosecondo) generano sfruttamento estremo dei lavoratori e contemporaneamente inefficienza per l'utenza.

Ma quando ti e' stato lavato il cervello a reti unificate e' difficile pensare ancora.

Sono molto d'accordo sul fatto che i lavoratori del servizio pubblico dovrebbero prendere coscienza della loro funzione sociale, che e' rilevante per tutta la collettivita' e sviluppare un senso di orgoglio.

Credo pero' che vadano incentivati con premi, che potrebbero essere finanziati con un prelievo forzato sui grandi patrimoni e alzando le aliquote sui beni di lusso, se solo ce ne fosse la volonta'.