287/ Il nuovo mondo.



Buongiorno cari amici, buon venerdì.

Ieri ho terminato di leggere un libro che regalai alla Giò. Un dono scelto perchè piacesse a lei e quindi indipendente dai miei gusti letterari.

E invece è piaciuto molto anche a me.

Si intitola Lucy by the sea, lo ha scritto un'autrice americana premio Pulitzer che si chiama Elizabeth Strout.

E' ambientato nell'anno della pandemia.

Riporta alla mente le avventurose uscite per la spesa sempre guardinghi, i notiziari che si aprivano con il conto delle terapie intensive e dei morti, le brevi passeggiate che erano quasi come ore d'aria carcerarie nella speranza di non incontrare nessuno.

Avete rimosso quei mesi o vi capita ancora di pensarci? E come vi fanno sentire quei ricordi?

In me evocano soprattutto la percezione amara di un'enorme, forse irripetibile occasione sprecata.

Ero a Londra quando da un giorno all'altro sospesero i voli, e lì rimasi bloccato per sei mesi.

Fu un tempo di grande solitudine, ma anche speso molto bene pensandoci retrospettivamente.

Scoprii tanti corsi online e li frequentai con disciplina, studiando ogni giorno. Imparai tantissimo.

***

Tra me e me e nei discorsi con alcuni cari amici, si immaginava che tutti ci stessimo preparando a vivere in un mondo nuovo, una nuova era profondamente diversa da quella che ci eravamo definitivamente lasciati alle spalle.

Questo pensavo.

Quando arriveranno i vaccini e avremo scongiurato il pericolo, ci renderemo tutti conto di come abbiamo vissuto male fino a un momento prima di questa minaccia.

Smetteremo di consumare il pianeta.

L'umanità si unirà in una prospettiva di uguaglianza, di pace, di solidarietà, di rispetto delle differenze, di relazione armonica con l'ambiente.  

Nascerà un socialismo spontaneo, fatto di piccoli gesti comunitari di condivisione. Ricordate le spese per i vicini fragili?

Avendo provato un forte senso di insicurezza collettivo, lavoreremo insieme per generare reti di supporto reciproco.

Se qualcuno cadrà, si farà a gara per aiutarlo a risollevarsi.

Tutto questo con leggerezza, con la gioia di avere imparato qualcosa di importante tutti insieme.

Basta io. Quello resterà il pronome del vecchio mondo.

Il pronome del nuovo mondo sarà noi.

***

Beh, com'è andata a finire, oggi lo sappiamo.

Lo so che state pensando che continuando a leggere vi aspetta un crescendo di lamentele e recriminazioni, ma vi sbagliate.

Di fatto non mi chiedo neanche più perché il mondo nuovo non è mai sceso sulla Terra. 

Ho smesso di farlo quasi subito. quando le restrizioni sono state allentate.

A quel punto avevo lasciato Londra.

Mi ero trasferito in una piccola casa affacciata sul Naviglio Grande. 

Così assistetti al liberi tutti da un punto di osservazione privilegiato.

Provo a scrivere quello che ho visto.

Era come se le persone fossero state liberate da gabbie strettissime.

Iniziarono a riversarsi come uno tsunami, in grandi gruppi.

I locali non riuscivano a contenerli e i camerieri non bastavano.

I tavolini invasero i marciapiedi e le strade fino a rendere il passaggio una faccenda abbastanza complicata, soprattutto se si voleva continuare a mantenere un minimo di distanziamento fisico.

I comportamenti di questa massa spuntata dal nulla, superficialmente esprimevano euforia.

Ma a osservarla bene era un'euforia scomposta che tentava senza riuscirci di nascondere una cupa disperazione esistenziale senza luce, senza vita.

Una baldoria sgangherata e un po' lugubre che trasmetteva tristezza, poggiava su un grande vuoto.

***

Essere costretto a guardare la realtà, spazzò via molto rapidamente l'illusione.

Ma non la speranza e soprattutto non la determinazione.

Perchè si realizzi, il cambiamento deve avvenire dentro ognuno di noi attraverso la scoperta di una dimensione interiore che ci viene incontro solo se decidiamo deliberatamente e consapevolmente di darle spazio, tempo, ascolto.

Nel post della settimana scorsa abbiamo ipotizzato da dove partire.

Ma torniamoci anche oggi.

Mi ispirerò un po' liberamente a uno scritto del Venerabile Lama Pànilji (ringrazio l'amico e maestro monaco camaldolese Padre Natale Brescianini per la condivisione), secondo il quale il cambiamento poggia su tre pilastri che sono l’amore, la compassione e la gentilezza.

A dire il vero lui quella che ho chiamato gentilezza la chiama non violenza, ma a me piace più gentilezza perchè mi sembra catturi meglio un atteggiamento nei confronti di ogni dimensione del vivere.

Amore significa desiderare che tutti siano felici e che possano vivere nella serenità e nella gioia.

Compassione vuol dire fare di tutto perché ciò avvenga.

Non è quella descritta dal Venerabile Lama una compassione in astratto, un soffrire insieme che genera al più consolazione.

E' una compassione che richiede azioni concrete, prese di posizione.

Per gentilezza si intende infine una modalità, un atteggiamento, una postura comportamentale che nascendo dall’amore e dalla compassione si traduce in un impegno a portare armonia nel mondo. 

La gentilezza richiede la costruzione di solide basi di positività, moralità e pazienza, e la disponibilità incondizionata a diffonderle.

***

A proposito di gentilezza, un tema sul quale ho molto riflettuto è quello della reciprocità.

Ha molto senso restituire con generosità il bene ricevuto, e però farci scivolare addosso (e quindi non ritornare) offese, umiliazioni, scortesie, atteggiamenti non gentili, come su una foglia di loto appena inclinata le gocce della pioggia scivolano via scrive il Venerabile Lama.

E forse il nuovo mondo lo costruiremo così, con tanta pazienza, un po' ogni giorno.

Sta a noi, senza indulgere in aspettative irrealistiche, gioendo per ogni progresso, anche il più piccolo.

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E dato che abbiamo citato la gioia e il post si sta allungando un po' troppo, vi auguro un gioioso fine settimana, di sole e maniche corte.

Terminatelo, mi raccomando, con Prospettive Musicali.

Vi aspetto domenica alle 22.45, Radio Popolare, FM 107.6, prometto buona musica, qualche riflessione condivisa e un po' di lettura ad alta voce.

Un abbraccio forte,
Fabio

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