La migliore ora per alzarsi la Domenica mattina e' le 7
[Zaha Hadid, Vortexx, Design Museum, Luglio 2007]
"Te la senti di fare un pezzo di rassegna stampa in network insieme a me Domenica?". E io "Beh, se vuoi", perche' al mio amico Danilo non potrei mai dire di no. Poi ci rifletto sopra e mi viene da pensare che dieci anni fa quando timidamente chiamai una radio dove allora non conoscevo nessuno, per proporre un programma di musica a) mi sarei di certo aspettato di ricevere la porta in faccia e b) non avrei proprio mai previsto di condurre una rassegna stampa un giorno, per di piu' da Londra.
Ma ormai e' troppo tardi per ripensarci, appuntamento alle 9. E cosi' mi alzo alle 7, doccia veloce e poi giu' al caffe' sotto casa. "Non sono ancora arrivati i giornali? E quei croissant alla mandorla che sono i piu' buoni di Londra?". "No, sono un po' in ritardo stamattina... anzi si' e si', sta arrivando il furgone proprio adesso... Ecco il tuo croissant alla mandorla, non potrebbe essere piu' fresco di cosi'!".
La mattina che inizia nel caffe' deserto, nella citta' ancora addormentata, con Dylan ("The freewheelin'") mandato nei diffusori proprio al volume giusto, una bella tazza di te', la mazzetta intonsa dei giornali, il quaderno degli appunti aperto davanti a me. Una tranquilla meraviglia.
Salgo in casa appena in tempo, mentre faccio le scale sento il telefono, e' Danilo che mi chiama per sapere se sono riuscito a svegliarmi. Poi, dieci minuti dopo, Massimo mi manda in diretta.
Finisce tutto e sento che ho imparato a fare una cosa nuova, Danilo chiama per dirmi che e' andato tutto bene. Guardo fuori e vedo tante morbide little fluffy clouds nel cielo e mi viene in mente il brano degli Orb, quello modellato su una traccia di Steve Reich, che non andra' via per tutto il giorno.
Esco, direzione il fiume, perche' quel cielo lo voglio vedere nello spazio aperto del Lungo Tamigi. La cupola di San Paolo davanti a me, poi percorro il Millennium Bridge, passo di fianco alla Tate, luoghi che amo della mia citta'. C'e' il Sole, e tutto attorno a me si sta svegliando e sembra sorridere. Mi fermo solo a Shad Thames, davanti al Design Museum. La mostra dedicata ai progetti di Zaha Hadid e' un richiamo irresistibile. Presento la tessera stampa e chiedo un press folder, poi entro in quella meraviglia.
E' da quando ho dovuto leggere cataloghi e articoli su riviste specializzate, per parlare a Zoe della Bauhaus e di Aalto, che mi sto sempre piu' appassionando all'architettura, alla pittorica spazialita' delle forme degli edifici contemporanei, alla loro geometrica musicalita'.
Ma Zaha Hadid supera tutto quanto ho visto fino ad oggi. Il suo e' proprio un nuovo paradigma rispetto a Foster e Gehry. I suoi progetti prendono origine dal suo lavoro come pittrice, sono linee geometriche in movimento. Piu' ancora dei suoi edifici, ho amato i suoi oggetti di arredamento. Ho chiesto a un amico di Milano come mai il suo progetto di riqualificazione dell'area Fiera viene cosi' criticato, ma non mi ha ancora risposto. Qualcuno che conosce la ragione, me la scrive tra i commenti? Si tratta solo del fatto che sono considerati edifici troppo alti o c'e' dall'altro?
E il Design Museum si conferma uno dei luoghi che amo maggiormente in questa citta'. Non e' mai troppo affollato, e' luminoso, ha un bel caffe' con i tavolini sul lungo fiume. E si fanno ottimi incontri.
Continuo a sentire nella mia testa "Little fluffy clouds" come se scendesse direttamente da tutto quel cielo, mentre cammino sul Tower Bridge per raggiungere Asa che adesso vive tra la stazione di Liverpool Street e Brick Lane. Stiamo a ciondolare tra il mercato dei fiori e i caffe' di Dray Walk, poi andiamo da Sweet & Spicy (vedere pagina 19 di Wire di Luglio per capire) per un delizioso curry.
Non mi stanco mai di ascoltare i suoi racconti d'Islanda. "Ti ho detto di quella volta che mio padre sempre distratto com'e' stava prendendo sotto una ragazza con una carrozzina sulle strisce vivino a casa mia? Quando ci siamo fermati per scusarci abbiamo scoperto che era Bjƶrk! Ed e' cosi' che l'ho conosciuta".
Sono le dieci quando cammino sulle sopraelevate del Barbican, in tutto quel silenzio rotto solo dai cartelloni che pubblicizzano la mostra sul punk. Sta scendendo la notte. Le little fluffy clouds sono ancora li' nel cielo, con una sfumatura rosa che riflette il tramonto.
"Te la senti di fare un pezzo di rassegna stampa in network insieme a me Domenica?". E io "Beh, se vuoi", perche' al mio amico Danilo non potrei mai dire di no. Poi ci rifletto sopra e mi viene da pensare che dieci anni fa quando timidamente chiamai una radio dove allora non conoscevo nessuno, per proporre un programma di musica a) mi sarei di certo aspettato di ricevere la porta in faccia e b) non avrei proprio mai previsto di condurre una rassegna stampa un giorno, per di piu' da Londra.
Ma ormai e' troppo tardi per ripensarci, appuntamento alle 9. E cosi' mi alzo alle 7, doccia veloce e poi giu' al caffe' sotto casa. "Non sono ancora arrivati i giornali? E quei croissant alla mandorla che sono i piu' buoni di Londra?". "No, sono un po' in ritardo stamattina... anzi si' e si', sta arrivando il furgone proprio adesso... Ecco il tuo croissant alla mandorla, non potrebbe essere piu' fresco di cosi'!".
La mattina che inizia nel caffe' deserto, nella citta' ancora addormentata, con Dylan ("The freewheelin'") mandato nei diffusori proprio al volume giusto, una bella tazza di te', la mazzetta intonsa dei giornali, il quaderno degli appunti aperto davanti a me. Una tranquilla meraviglia.
Salgo in casa appena in tempo, mentre faccio le scale sento il telefono, e' Danilo che mi chiama per sapere se sono riuscito a svegliarmi. Poi, dieci minuti dopo, Massimo mi manda in diretta.
Finisce tutto e sento che ho imparato a fare una cosa nuova, Danilo chiama per dirmi che e' andato tutto bene. Guardo fuori e vedo tante morbide little fluffy clouds nel cielo e mi viene in mente il brano degli Orb, quello modellato su una traccia di Steve Reich, che non andra' via per tutto il giorno.
Esco, direzione il fiume, perche' quel cielo lo voglio vedere nello spazio aperto del Lungo Tamigi. La cupola di San Paolo davanti a me, poi percorro il Millennium Bridge, passo di fianco alla Tate, luoghi che amo della mia citta'. C'e' il Sole, e tutto attorno a me si sta svegliando e sembra sorridere. Mi fermo solo a Shad Thames, davanti al Design Museum. La mostra dedicata ai progetti di Zaha Hadid e' un richiamo irresistibile. Presento la tessera stampa e chiedo un press folder, poi entro in quella meraviglia.
E' da quando ho dovuto leggere cataloghi e articoli su riviste specializzate, per parlare a Zoe della Bauhaus e di Aalto, che mi sto sempre piu' appassionando all'architettura, alla pittorica spazialita' delle forme degli edifici contemporanei, alla loro geometrica musicalita'.
Ma Zaha Hadid supera tutto quanto ho visto fino ad oggi. Il suo e' proprio un nuovo paradigma rispetto a Foster e Gehry. I suoi progetti prendono origine dal suo lavoro come pittrice, sono linee geometriche in movimento. Piu' ancora dei suoi edifici, ho amato i suoi oggetti di arredamento. Ho chiesto a un amico di Milano come mai il suo progetto di riqualificazione dell'area Fiera viene cosi' criticato, ma non mi ha ancora risposto. Qualcuno che conosce la ragione, me la scrive tra i commenti? Si tratta solo del fatto che sono considerati edifici troppo alti o c'e' dall'altro?
E il Design Museum si conferma uno dei luoghi che amo maggiormente in questa citta'. Non e' mai troppo affollato, e' luminoso, ha un bel caffe' con i tavolini sul lungo fiume. E si fanno ottimi incontri.
Continuo a sentire nella mia testa "Little fluffy clouds" come se scendesse direttamente da tutto quel cielo, mentre cammino sul Tower Bridge per raggiungere Asa che adesso vive tra la stazione di Liverpool Street e Brick Lane. Stiamo a ciondolare tra il mercato dei fiori e i caffe' di Dray Walk, poi andiamo da Sweet & Spicy (vedere pagina 19 di Wire di Luglio per capire) per un delizioso curry.
Non mi stanco mai di ascoltare i suoi racconti d'Islanda. "Ti ho detto di quella volta che mio padre sempre distratto com'e' stava prendendo sotto una ragazza con una carrozzina sulle strisce vivino a casa mia? Quando ci siamo fermati per scusarci abbiamo scoperto che era Bjƶrk! Ed e' cosi' che l'ho conosciuta".
Sono le dieci quando cammino sulle sopraelevate del Barbican, in tutto quel silenzio rotto solo dai cartelloni che pubblicizzano la mostra sul punk. Sta scendendo la notte. Le little fluffy clouds sono ancora li' nel cielo, con una sfumatura rosa che riflette il tramonto.
Commenti
Domenica non ero a casa, ho pensato alla tua rassegna e mi ĆØ dispiaciuto, ma sono contenta per quello che ti ha dato questa giornata e che tu regali a noi.
il fatto ĆØ che lƬ, come altrove a Milano, si costruiscono grattacieli e parcheggi destinati a rimanere vuoti.
basta farsi un giro in varie zone periferiche e non (vedi i due grattacieli delle ferrovie che sovrastano la stazione Garibaldi) per vedere decine di edifici piĆ¹ o meno alti, tutti rigorosamente con le pareti di vetro e tutti rigorosamente disabitati o con su scritto "affitasi uffici".
Per quello che riguarda l'area dell'ex-Fiera, a quanto ho letto, qualcuno si sta accorgendo che ĆØ un lavoro infinito destinato a non dare i frutti sperati.
E dunque qualcuno sta cominciando a farsi i conti in tasca e a tirarsi indietro e i lavori, che dovevano partire nel 2006, non sono ancora iniziati.
Non basta fare concorsi internazionali e chiamare i migliori architetti per rendere milano una metropoli europea, forse basterebbe cominciare a costruire cose molto piĆ¹ semplici ma utili, come piste ciclabili che permettano ai ciclisti di non farsi ammazzare o "sportellare" (neologismo) dalle auto e dai furgoncini e ai pedoni di non farsi mettere sotto dai ciclisti sempre piĆ¹ isterici che invadono i marciapiedi.
Oppure sistemare le scuole che vanno a pezzi, costruire piĆ¹ asili, biblioteche, aree verdi, magari pure la quarta linea della metrĆ² di cui si parla da anni etc etc...
scusa la lunghezza e grzie dell'ospitalitĆ .
:-) francesco
Fatte tutte queste premesse pero', Milano vista da qui e' una citta' davvero brutta e triste, soprattutto tagliata fuori da tutto quello che di bello si sta costruendo nelle altre citta' europee. L'impronta di un bravo architetto internazionale io credo che servirebbe a integrare Milano in Europa.
Tutto questo pero', e qui concordo del tutto con te, nel rispetto delle priorita' che hai scritto: meno palazzi uffici, piu' piste ciclabili, piu' biblioteche e spazi pubblici di scambio.
CiĆ², indipendentemente da che ci sia Berlusca o Prodi al timone.
L'impressione brutta, da qui, ĆØ che nemmeno con DJ Veltronius le cose possano cmabiare granchĆ©.
A me basterebbe diventare come la Spagna (hai detto niente).
Ciao Fabio...
scrivo per un'informazione. Sono molto interessata ai coissant alla mandorla migliori di londra. Siccome ne hai sempre parlato con piacere, vorrei provarli anche io.
dove si trova questo meraviglioso caffĆØ?
Grazie,
buona giornata,
Federica
A ilaria e a me ha dato l'impressione che zaha hadid sia invece l'emblema di un architetto che sta creando opere meravigliose ma invivibili, spingendo verso un capitalismo sempre piu' estremo (infatti molte delle sue opere sono in zone tipo Abu Dabi, Dubai, e altre citta' super-ricche)
Coffee @ Goswell Road, cioĆØ qui: http://www.hayvend.com/info/loca/cof-g.shtml. Spero di gustare un croissant alle mandorle insieme una di queste mattine :-)
Andrea -
Pienamente d'accordo sul lavoro di Jonathan Barnbrook, soprattutto quello che ha fatto per Adbusters. La sua mostra, benchĆØ piccola, mi ĆØ molto piaciuta. Anche su Zaha Hadid sono abbastanza d'accordo con quello che dici - resta il fatto che il dialogo tra pittura e design in lei ha raggiunto livelli strepitosi. Vedere come le sue linee colorate diventano architettura mi ĆØ sembrato estremamente leggero e poetico. Le tue osservazioni sono comunque molto valide. Ne parleremo, anche con Ila.