Longing
[Bloomsbury, Luglio 2007]
Per una ragione di assonanza linguistica oltre che di empatia istintiva, ho sempre amato la parola inglese "longing". Fa riferimento alla dimensione del desiderio, ma a me fa pensare a una sorta di allungamento, di stretching quasi, verso qualcosa che sta sospeso tra il raggiungibile e l'inarrivabile.
E' diverso dal desiderio, che puo' benissimo essere un concetto passivo. Desidero qualcosa, ma non faccio niente per ottenerlo, me ne sto seduto ad aspettare. Invece no, il longing io lo interpreto come una tensione che non puo' lasciare passivi: scuote e coinvolge il nostro essere dalle fondamenta.
Queste cose le scrivo dopo la piu' profonda, e al contempo leggera come una piuma, riflessione sul longing che ho visto al cinema da molto tempo in qua.
Vi racconto prima una cosa. I miei vicini di pianerottolo, una coppia di gay simpatici, un lui designer di successo e un altro lui che e' appena stato nominato "British hairdresser of the year", sono stati per qualche giorno a Siviglia. Prima di partire hanno bussato alla mia porta chiedendomi se avessi tempo di curare Misha e Katia, i loro due gatti, per qualche giorno. "Prendi pure i nostri DVD da vedere se ti interessano" mi hanno detto dandomi le chiavi del loro appartamento.
Cosi' una di queste mattine, dopo avere versato una scatoletta alle tigri, ho dato un'occhiata alla loro collezione di film: Alien 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, Guerre Stellari 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 e via cosi'. Tutto questo mi ha fatto abbastanza riflettere. Perche' io sento di non possedere la pazienza per vedere qualcosa che non parla di vita quotidiana ma di supereroi, che invece dei rumori di fondo della presa diretta contiene i sibili degli effetti speciali, che non e' ambientato qui ma altrove, in un mondo che non esiste.
E qui si ritorna al film che ho visto ieri sera in un tranquillissimo Renoir, nel cuore di Bloomsbury. Che e' l'opposto di tutto cio'. Un film sulla vita, con personaggi normali che vivono esistenze normali. Ma, e qui sta in buona sostanza il senso del film, accomunati da un longing che nemmeno loro conoscono, una tensione a superare le proprie vite, i propri limiti, a sfidare in qualche modo se stessi, le proprie abitudini e convenzioni. Qualcosa di nebuloso, all'inizio del film, ma che prende vita piano piano, che scopriamo insieme ai protagonisti.
Monsieur Delsart, un ufficiale giudiziario cinquantenne, single e introverso, ha la finestra del suo ufficio davanti a quella di una scuola di tango. Quando il medico gli consiglia di fare un po' di esercizio fisico, decide di iscriversi alla scuola. Qui incontra Francoise, che si e' iscritta insieme al fidanzato, il quale pero' e' troppo preso dalla scrittura di un libro per potersi dedicare alla danza.
Non vi dico altro, se non che il rapporto tra monsieur Delsart e il suo giovane assistente appassionato di piante vi fara' piegare in due dal ridere e che invece la relazione difficile tra lo stesso Delsart e il suo anziano padre vi commuovera' e vi stringera' la gola.
Le interpretazioni sono magistrali, naturali e minimaliste proprio come piace a me. La musica e' passionale come tutto il film, che pero' lo e' in modo implicito, discreto.
Un po', lo confesso, ti viene voglia di essere colpito dal fulmine, e finisci per domandarti perche' alle prime nubi che scorgi all'orizzonte corri a chiuderti in casa.
Mi sono reso conto di non avere citato ne' il titolo del film ("Not here to be loved" o in francese "Je ne suis pas lĆ pour ĆŖtre aimĆ©") ne' l'autore (l'esordiente StĆ©phane Brize). Per farmi perdonare, ecco il trailer.
Per una ragione di assonanza linguistica oltre che di empatia istintiva, ho sempre amato la parola inglese "longing". Fa riferimento alla dimensione del desiderio, ma a me fa pensare a una sorta di allungamento, di stretching quasi, verso qualcosa che sta sospeso tra il raggiungibile e l'inarrivabile.
E' diverso dal desiderio, che puo' benissimo essere un concetto passivo. Desidero qualcosa, ma non faccio niente per ottenerlo, me ne sto seduto ad aspettare. Invece no, il longing io lo interpreto come una tensione che non puo' lasciare passivi: scuote e coinvolge il nostro essere dalle fondamenta.
Queste cose le scrivo dopo la piu' profonda, e al contempo leggera come una piuma, riflessione sul longing che ho visto al cinema da molto tempo in qua.
Vi racconto prima una cosa. I miei vicini di pianerottolo, una coppia di gay simpatici, un lui designer di successo e un altro lui che e' appena stato nominato "British hairdresser of the year", sono stati per qualche giorno a Siviglia. Prima di partire hanno bussato alla mia porta chiedendomi se avessi tempo di curare Misha e Katia, i loro due gatti, per qualche giorno. "Prendi pure i nostri DVD da vedere se ti interessano" mi hanno detto dandomi le chiavi del loro appartamento.
Cosi' una di queste mattine, dopo avere versato una scatoletta alle tigri, ho dato un'occhiata alla loro collezione di film: Alien 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, Guerre Stellari 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 e via cosi'. Tutto questo mi ha fatto abbastanza riflettere. Perche' io sento di non possedere la pazienza per vedere qualcosa che non parla di vita quotidiana ma di supereroi, che invece dei rumori di fondo della presa diretta contiene i sibili degli effetti speciali, che non e' ambientato qui ma altrove, in un mondo che non esiste.
E qui si ritorna al film che ho visto ieri sera in un tranquillissimo Renoir, nel cuore di Bloomsbury. Che e' l'opposto di tutto cio'. Un film sulla vita, con personaggi normali che vivono esistenze normali. Ma, e qui sta in buona sostanza il senso del film, accomunati da un longing che nemmeno loro conoscono, una tensione a superare le proprie vite, i propri limiti, a sfidare in qualche modo se stessi, le proprie abitudini e convenzioni. Qualcosa di nebuloso, all'inizio del film, ma che prende vita piano piano, che scopriamo insieme ai protagonisti.
Monsieur Delsart, un ufficiale giudiziario cinquantenne, single e introverso, ha la finestra del suo ufficio davanti a quella di una scuola di tango. Quando il medico gli consiglia di fare un po' di esercizio fisico, decide di iscriversi alla scuola. Qui incontra Francoise, che si e' iscritta insieme al fidanzato, il quale pero' e' troppo preso dalla scrittura di un libro per potersi dedicare alla danza.
Non vi dico altro, se non che il rapporto tra monsieur Delsart e il suo giovane assistente appassionato di piante vi fara' piegare in due dal ridere e che invece la relazione difficile tra lo stesso Delsart e il suo anziano padre vi commuovera' e vi stringera' la gola.
Le interpretazioni sono magistrali, naturali e minimaliste proprio come piace a me. La musica e' passionale come tutto il film, che pero' lo e' in modo implicito, discreto.
Un po', lo confesso, ti viene voglia di essere colpito dal fulmine, e finisci per domandarti perche' alle prime nubi che scorgi all'orizzonte corri a chiuderti in casa.
Mi sono reso conto di non avere citato ne' il titolo del film ("Not here to be loved" o in francese "Je ne suis pas lĆ pour ĆŖtre aimĆ©") ne' l'autore (l'esordiente StĆ©phane Brize). Per farmi perdonare, ecco il trailer.
Commenti
E, incredibile, proprio stamani in una vetrina di libri ha attratto il mio sguardo questo titolo: Leonard Cohen, "Book of longing".
Ero di fretta ma mi sono riproposta di indagare sul contenuto, perchƩ sia l'autore che il titolo non consentono di lasciar perdere.
auro
Poi scrivi di un bene………………
Mi piace quello che dici su longing. Anche per me la parola “fisica” dĆ una particolare caratterizzazione al significato. Che ĆØ desiderio che si protende e strive to reach il suo amato bene, con una nota struggente, di lentezza direi, di nostalgia, di assenza.
E’ un termine dolce e malinconico, ma che fa immaginare il lieto fine………….
CercherĆ² il film, dev’essere molto bello.