Gentlemen took Polaroids


Sabato scorso, durante una delle mie flanerie del fine settimana, intese sia come passeggiate che come idleness dello spirito, mi sono imbattuto in ben due mostre di Polaroid, entrambe inaugurate il 9 Ottobre scorso, giorno nel quale e' scaduto l'ultimo lotto di pellicole di questa marca.

La prima delle due e' alla Atlas Gallery, off Marylebone High Street, galleria associata all'agenzia fotografica Magnum, la seconda in una piccola galleria che si trova al centro di Battersea Park e si chiama Pump House, che avevo visto da fuori tante volte (e' in mezzo a un prato popolare per i pic-nic durante le serate estive), ma nella quale non ero mai entrato.

Sono mostre molto simili, con nomi noti che si ripetono in entrambe (Araki, Warhol, Mapplethorpe...). Tra le due ho preferito la seconda, ma direi piu' per l'installazione che per le opere. La Pump House ha uno sviluppo verticale su quattro livelli di dimensioni contenute, ai quali si accede salendo una scala di ferro. Quando ci sono stato io era molto ben frequentata, con pochi appassionati molto concentrati sulle opere in mostra. Dalle finestre si gode di una vista molto rilassante sul laghetto del parco.

Al di la' degli scatti (a me sono piaciute soprattutto le Polaroid di Rankin, Goldberg, Teller e Bourdin), e' una bella occasione per riflettere sulle possibilita' offerte da un formato fotografico povero, senza zoom o grandangolo, che impediva le magie alle quali la fotografia digitale ci ha abituati.

Parlandone, in questi giorni, mi sono reso conto di quante tra le persone che conosco hanno un rapporto caldo con fotografie stampate, vinili, lettere, e invece puramente funzionale e distaccato nei confronti di MP3, email, macchine fotografiche digitali.

Le Polaroid raccontano soprattutto un mondo che era fatto di oggetti destinati a restare con noi per molti anni, ai quali attribuivi senso, dei quali ti dispiaceva disfarti, un po' come quelle vecchie giacche che ti ricordano luoghi e persone adesso lontani, e che quando indossi annullano spazi e ti fanno rivivere emozioni.

[Questo post verra' raccontato agli ascoltatori di Alaska, su Radio Popolare, Giovedi' 3 Dicembre a mezzogiorno e in replica alle 21.

Commenti

Anonimo ha detto…
ho sempre odiato le Polaroid, troppo contrstate per i miei gusti e troppo costose, adatte solo ai bambini (e alle mamme) che vogliono vedere subito subito la foto del compleanno.
Sono tra quelli freddi per es. sugli MP3, ma la foto digitale devo riconoscere che ha i suoi vantaggi, economici principalmente, e comunque ormai ha raggiunto una buona qualitĆ  di stampa.
Certo, se fossi un artista probabilmente userei una macchina a banco ottico con lastre in BN, ma invece...

OT: segnalo intervista del Guardian a Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, qui

http://www.guardian.co.uk/music/2009/nov/26/cocteau-twins-elizabeth-fraser-interview

ciao
Auro
Fabio ha detto…
Grazie per la segnalazione Auro. Ho il supplemento Film & Music qui di fronte a me, pronto per leggere l'intervista (di una pagina intera, la prima degli ultimi dieci anni), davanti al mio pranzetto.

Che Inghilterra magnifica doveva essere quella.

Quello che mi affascina delle Polaroid e' l'uso che di macchine fotografiche cosi' rigide alcune persone sapevano fare.

Non e' un caso che una mia amica (che non nomino ma che passa spesso di qui) sia passata (il giorno che non ha piu' trovato pellicole) dalla Polaroid al Nifty Fifty.

Il brano dei Japan del quale ho storpiato il titolo mi pare suggerisca un uso intimo delle Polaroid, che, ricordiamolo, erano le uniche foto istantanee.

Le Polaroid come strumento per fermare momenti di relazioni (mamme e bambini per esempio, ma anche fidanzati) e rivederli immediatamente, come in uno specchio, senza dovere attendere.

Poi ricordo che era bello vedere l'immagine che compariva lentamente, come se i soggetti uscissero da paesaggi nebbiosi.

E il suono, te lo ricordi? Quel ronzio cosi' ancora nella nostra memoria.

Fu la mia prima macchina fotografica, una ingombrante Polaroid.

Tra l'altro mi fa sempre pensare il fatto che dai racconti di famiglia si dice che io da bambino (2 - 4 anni) fossi terribilmente affascinato da 2 oggetti domestici: la Voigtlander del mio babbo e il suo giradischi.

La tua origine e' la tua destinazione, come sosteneva un filosofo francese.
moya ha detto…
Io ricordo una bella mostra di polaroid di Tarkowskij qualche anno fa
(http://farm3.static.f
lickr.com/2294/2205039556_1f7b8c1898.jpg?v=0). Grazie per le segnalazioni, sapevo della mostra alla Pump House, mi avventurero' in settimana. xxx
rose ha detto…
sƬ, le polaroid adesso sono note per l'uso artistico e la patina rƩtro, una volta erano per la maggior parte foto bruttine :)
comunque fra noi e gli oggetti si sviluppa una consuetudine, una familiaritĆ  che ĆØ in sĆ© affettiva; sfido chiunque ad affezionarsi a un mp3 (al massimo ti affezioni all'ipod, quello sƬ)
ciao Fabio, passa un buon weekend
Fabio ha detto…
Moya -

La ricordo bene, era nella chiesa davanti al capolinea del 55 (autobus che prendo spesso). Ne parlai anche a Radio Popolare, molto bella.

Rose -

Davvero, devo ancora trovare una persona che mi dice di essere affezionata alla sua collezione di MP3. Magari i giovanissimi, chissa'.

Al mio iPod ultra-vintage sono abbastanza affezionato in effetti, credo soprattutto perche' si tratta di un modello superato dagli eventi. Tutte le volte che in autobus mi capita di tirarlo fuori di tasca vengo guardato come se avessi estratto un grammofono.
lophelia ha detto…
PiĆ¹ prosaicamente (ma forse no) non dimentichiamo che tra gli usi privilegiati della Polaroid c'erano le foto a luci rosse amatoriali, ora ampiamente soppiantate dalla comoditĆ  del digitale (peraltro, avendo lavorato per un breve periodo in un fotolaboratorio in tempi analogici, posso dire che c'era anche chi non si ĆØ mai fatto problemi ad usare i rullini normali)
Fabio ha detto…
Immagino, e infatti la possibilita' di caricare le proprie foto in rete, e soprattutto Facebook, hanno reso ancora piu' evidente che sono pochi coloro che si fanno problemi, e molti di piu' quelli che cercano di dare visibilita' al proprio privato, nel tentativo di dimostrare la propria esistenza, prima di tutto a se stessi.