Il gattopardo (Luchino Visconti, 1963)
Davvero meritevole di attenzione la rassegna che il British Film Institute sta dedicando alle colonne sonore di Nino Rota, con proiezione dei capolavori di Fellini e Visconti.
Uno dei miei film preferiti di tutti i tempi, Il gattopardo, viene proiettato giornalmente da quasi un mese, e quasi tutte le sere fa sold out. Domenica, quando mi sono deciso a rivederlo, ho dovuto fare una coda di mezz'ora per attendere un return.
Chissa' se nei licei fanno ancora leggere il bel classico di Tomasi di Lampedusa, e se proiettano ancora il film, come capitava quando eravamo studenti noi. E' probabile che con l'aria che tira venga considerato troppo progressista.
Peraltro pensavo, subito dopo averlo rivisto, a quante cose meravigliose si imparavano nelle ore di filosofia, lettere, storia dell'arte, in un'eta' nella quale non avevamo ancora la maturita' per comprenderle e gustarle, e finivamo per studiarle un po' controvoglia in vista dell'interrogazione. Qualcosa deve essere rimasto pero', se oggi, a quasi trent'anni di distanza, quelle cose abbiamo voglia di recuperarle e approfondirle, e siamo costretti a riconoscere che hanno lasciato una traccia indelebile di bellezza.
Il gattopardo e' di una preveggenza, e quindi di una attualita', sconcertanti. A un certo punto, al termine del colloquio con un messo di casa Savoia che gli offre un posto nel nuovo Senato italiano, il principe afferma:
Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli ...; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene.
Quanto questa previsione si e' realizzata, credo sia evidente a tutti.
L'edizione che ho visto e' quella da poco restaurata, di una bellezza fotografica e cromatica impossibile da descrivere. Sembra girato ieri. Il gattopardo, peraltro, e' un film che non appartiene a nessun periodo della storia cinematografica italiana. In quegli stessi anni, Pasolini girava Accattone, Antonioni L'eclisse, Fellini 8 1/2. Sperimentavano, innovavano.
Visconti per contrasto se ne usci' con un film che sarebbe potuto arrivare dall'Ottocento, se solo fossero esistite macchine da presa e pellicola in quel secolo. Totalmente anacronistico, e forse per questo un classico che non e' mai invecchiato.
La malinconia del film, il senso progressivo di perdita ineluttabile e nostalgia sostanzialmente inutile, mi sono arrivati addosso intatti. La interminabile scena del ballo, e l'esplorazione del palazzo di Villafugata, mi erano rimaste dentro l'anima, e rivederle ha solo sollevato un sottile strato di polvere e ha permesso alle emozioni di fluire liberamente.
La musica di Rota e' stato come ascoltarla per la prima volta: meravigliosamente sopra le righe dall'inizio alla fine. Emozionante negli impetuosi riferimenti bandistici che accompagnano l'arrivo dei Garibaldini, romantica e commovente quando sottolinea la consonanza amorosa di Tancredi e Angelica.
Mi e' venuta nostalgia di tante cose, ho dovuto ricacciare giu' un senso di magone, ma ho anche sentito forte una appartenenza culturale che chiama alla lotta contro gli sciacalletti e le iene, i don Calogero al potere.
Un film che tra cent'anni sara' ancora attuale, e un libro da rileggere per comprendere questi strani giorni.
[Al British Film Institute fino al 29 settembre].
Uno dei miei film preferiti di tutti i tempi, Il gattopardo, viene proiettato giornalmente da quasi un mese, e quasi tutte le sere fa sold out. Domenica, quando mi sono deciso a rivederlo, ho dovuto fare una coda di mezz'ora per attendere un return.
Chissa' se nei licei fanno ancora leggere il bel classico di Tomasi di Lampedusa, e se proiettano ancora il film, come capitava quando eravamo studenti noi. E' probabile che con l'aria che tira venga considerato troppo progressista.
Peraltro pensavo, subito dopo averlo rivisto, a quante cose meravigliose si imparavano nelle ore di filosofia, lettere, storia dell'arte, in un'eta' nella quale non avevamo ancora la maturita' per comprenderle e gustarle, e finivamo per studiarle un po' controvoglia in vista dell'interrogazione. Qualcosa deve essere rimasto pero', se oggi, a quasi trent'anni di distanza, quelle cose abbiamo voglia di recuperarle e approfondirle, e siamo costretti a riconoscere che hanno lasciato una traccia indelebile di bellezza.
Il gattopardo e' di una preveggenza, e quindi di una attualita', sconcertanti. A un certo punto, al termine del colloquio con un messo di casa Savoia che gli offre un posto nel nuovo Senato italiano, il principe afferma:
Tutto questo non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli ...; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene.
Quanto questa previsione si e' realizzata, credo sia evidente a tutti.
L'edizione che ho visto e' quella da poco restaurata, di una bellezza fotografica e cromatica impossibile da descrivere. Sembra girato ieri. Il gattopardo, peraltro, e' un film che non appartiene a nessun periodo della storia cinematografica italiana. In quegli stessi anni, Pasolini girava Accattone, Antonioni L'eclisse, Fellini 8 1/2. Sperimentavano, innovavano.
Visconti per contrasto se ne usci' con un film che sarebbe potuto arrivare dall'Ottocento, se solo fossero esistite macchine da presa e pellicola in quel secolo. Totalmente anacronistico, e forse per questo un classico che non e' mai invecchiato.
La malinconia del film, il senso progressivo di perdita ineluttabile e nostalgia sostanzialmente inutile, mi sono arrivati addosso intatti. La interminabile scena del ballo, e l'esplorazione del palazzo di Villafugata, mi erano rimaste dentro l'anima, e rivederle ha solo sollevato un sottile strato di polvere e ha permesso alle emozioni di fluire liberamente.
La musica di Rota e' stato come ascoltarla per la prima volta: meravigliosamente sopra le righe dall'inizio alla fine. Emozionante negli impetuosi riferimenti bandistici che accompagnano l'arrivo dei Garibaldini, romantica e commovente quando sottolinea la consonanza amorosa di Tancredi e Angelica.
Mi e' venuta nostalgia di tante cose, ho dovuto ricacciare giu' un senso di magone, ma ho anche sentito forte una appartenenza culturale che chiama alla lotta contro gli sciacalletti e le iene, i don Calogero al potere.
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Commenti
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Thanks a lot. Keep blogging....
-- Kristen
Che dire? hai già detto tutto :)
Quello che il film anticipa del presente e' incredibile: una triste profezia che si e' purtroppo avverata, nell'inedia collettiva. Anzi non collettiva, scusa, perche' questa parola non esiste piu' di fatto.
In un a tranquilla inedia privata che costituisce un plurale distacco, se riesco un po' a spiegarmi. E se una tenue protesta monta, essa e' canalizzata in forme innocue, tenuta lontana dalle strade, silenziata, online, resa inaudibile da chi dovrebbe sapere, ma mai sapra'.
E anche quello della prima volta che vidi il film, proiettato nell'aula magna sotterranea del liceo, dove dopo un po' mancava l'aria.
Doveva essere il 1979. Ridatemi quegli anni, vi prego, vi supplico. In cambio mi impegno solennemente a promettere che tutti gli errori che ho fatto da allora non li faccio piu'.
..."cangiari tutti cosi...pè nu cangiari nenti...
La versione restaurata l'ho vista anche io in un festival di recente, d'accordissimo con te, come anche su Rota e le suggestioni che ne conseguono.
...Sugli errori caro Fabio...sono certo che li rifaremo cento volte!!
un saluto
Costantino
È l'unico film, assieme a Solaris, che non mi ha deluso dopo aver letto il libro. Qualcosa vorrà dire.
Temoo che troveremmo comunque il modo per rifarli, credo sia possibile che tu abbia ragione.
Arte -
E pensa che io di Solaris non ho mai letto il libro...
Il senso di avere un blog (o un programma alla radio) credo che in fondo sia quello di comunicare (mettere in comune) esperienze di emozione e bellezza, come fai tu e come provo a fare io. Almeno i blog che seguo e che mi interessano sono quelli che fanno propria questa filosofia.