Nicholas Ray, Bigger than life (1956)
Un altro bell'esempio di quello che si diceva ieri e' questo film che Nicholas Ray giro' un anno dopo Rebel without a cause.
In superficie e' un melodramma familiare: un insegnante, per mantenere un buon tenore di vita per la sua famiglia, durante il pomeriggio svolge segretamente un secondo lavoro, in una compagnia di taxi. Ma a un certo punto cede, crolla.
Gli viene diagnosticata una malattia che dovra' curare con delle pasticche di cortisone, un farmaco all'epoca del film non ancora testato. Ne risulteranno disturbi psicotici che disintegreranno gli apparentemente solidi equilibri della graziosa famiglia suburbana. Prima (naturalmente, e' un film hollywoodiano) del prevedibile lieto fine (trombe, The end).
Questo, appunto, in superficie. A me pero' e' sembrato di cogliere, scavando solo un po', tutta una serie di tematiche di critica sociale nemmeno tanto nascoste.
Intanto, sembra che nemmeno allora gli insegnanti se la passassero molto bene dal punto di vista salariale, se il protagonista per mantenere uno stile di vita piccolo borghese e' costretto a un doppio lavoro.
Ma soprattutto, mi e' sembrato che tutta la faccenda del cortisone e dei suoi effetti fosse in realta' un pretesto per raccontare la fragilita' degli equilibri della middle class americana, e non solo. In fondo gli stessi equilibri che in questi anni la recessione economica ha messo in discussione, forse per sempre.
Mi ha colpito soprattutto l'elenco delle ambizioni tipicamente borghesi, latenti in una situazione normale, che la malattia mentale porta a galla. Dal consumismo binge, espresso nei costosi regali alla moglie (che risulteranno in debiti strangolanti), al desiderio di un figlio che eccella nello sport e a scuola, desiderio che fara' perdere la testa definitivamente al protagonista.
Si puo' forse vedere a tanti livelli, ma a me Bigger than life ha comunicato un senso di critica all'American dream senza appello. Consigliato: decisamente piu' profondo del pur bellissimo Rebel without a cause.
Questa e' la scena nella quale il precedentemente affettuoso padre di famiglia si trasforma in un despota, accecato dalle ambizioni, ossessionato dall'incertezza del futuro.
18/ 1: mi hanno appena segnalato questa presentazione del film, fatta da James Mason, che mi fa piacere condividere.
In superficie e' un melodramma familiare: un insegnante, per mantenere un buon tenore di vita per la sua famiglia, durante il pomeriggio svolge segretamente un secondo lavoro, in una compagnia di taxi. Ma a un certo punto cede, crolla.
Gli viene diagnosticata una malattia che dovra' curare con delle pasticche di cortisone, un farmaco all'epoca del film non ancora testato. Ne risulteranno disturbi psicotici che disintegreranno gli apparentemente solidi equilibri della graziosa famiglia suburbana. Prima (naturalmente, e' un film hollywoodiano) del prevedibile lieto fine (trombe, The end).
Questo, appunto, in superficie. A me pero' e' sembrato di cogliere, scavando solo un po', tutta una serie di tematiche di critica sociale nemmeno tanto nascoste.
Intanto, sembra che nemmeno allora gli insegnanti se la passassero molto bene dal punto di vista salariale, se il protagonista per mantenere uno stile di vita piccolo borghese e' costretto a un doppio lavoro.
Ma soprattutto, mi e' sembrato che tutta la faccenda del cortisone e dei suoi effetti fosse in realta' un pretesto per raccontare la fragilita' degli equilibri della middle class americana, e non solo. In fondo gli stessi equilibri che in questi anni la recessione economica ha messo in discussione, forse per sempre.
Mi ha colpito soprattutto l'elenco delle ambizioni tipicamente borghesi, latenti in una situazione normale, che la malattia mentale porta a galla. Dal consumismo binge, espresso nei costosi regali alla moglie (che risulteranno in debiti strangolanti), al desiderio di un figlio che eccella nello sport e a scuola, desiderio che fara' perdere la testa definitivamente al protagonista.
Si puo' forse vedere a tanti livelli, ma a me Bigger than life ha comunicato un senso di critica all'American dream senza appello. Consigliato: decisamente piu' profondo del pur bellissimo Rebel without a cause.
Questa e' la scena nella quale il precedentemente affettuoso padre di famiglia si trasforma in un despota, accecato dalle ambizioni, ossessionato dall'incertezza del futuro.
18/ 1: mi hanno appena segnalato questa presentazione del film, fatta da James Mason, che mi fa piacere condividere.
Commenti
Poi James Mason era un attore bravissimo (indimenticato in Lolita, ad esempio).