Lunedi' 6 Dicembre 2004: Tariq Ramadan
Prometto che nei prossimi giorni riprendero' a scrivere di musica, ma oggi ho voglia di parlare d'altro.
Tariq Ramadan e' professore di studi islamici all'Universita' di Notre Dame e compare nella lista dei 100 principali filosofi contemporanei stilata da Time. Eppure recentemente gli e' stato negato il visto d'ingresso negli Stati Uniti.
Ieri Ramadan ha tenuto una lecture straordinaria, all'interno del ciclo di conferenze sulla fede e la spiritualita' che si svolge in questi giorni all'Istituto di Arti Contemporanee. L'incontro si e' tenuto alla Nash Room, una sala molto bella, ne' piccola ne' grande, con vista su un giardino.
La lecture aveva come titolo "The march of fundamentalisms?". Secondo Ramadan non c'e' una frattura tra 2 mondi (mondo islamico e occidente), ma una frattura all'interno di ciascuno dei 2 mondi, tra chi e' fondamentalista (islamico o occidentale) e chi, all'opposto, possiede gli strumenti ceh consentono il dialogo tra queste culture.
Il fondamentalismo non e' nella fonte, ma in chi sta leggendo. Posso leggere il Corano in modo letterale, volendo imitare il profeta, dogmaticamente (dogma che significa citare senza interpretazione, spesso senza capire). Oppure adattare i principi al nuovo contesto, piu' complesso. Per esempio: la sharia puo' essere seguita in modo integralista. Oppure essere considerata come una serie di principi da interpretare alla luce dei cambiamenti intercorsi tra la vita del profeta e la contemporaneita'. La modestia, per esempio, uno dei principi della sharia, puo' voler dire "vestire come allora" (portare il chador, ecc.), oppure "discrezione", che e' un concetto molto simile a quello che noi occidentali intendiamo per "modestia". Londra di oggi e' molto piu' complessa di Medina di allora, e in questo contesto i principi vanno ri-interpretati, non riproposti letteralmente.
La parte piu' interessante e' stata quella sul concetto di democrazia, un concetto che non e' parte della tradizione islamica (soprattutto nella concezione di democrazia parlamentare, per noi occidentali cosi' familiare). Eppure. Eppure, dice Ramadan, che democrazia e' quella nella quale milioni di persone scendono in piazza contro la guerra, ma la guerra accade? Non c'e' qualcosa di sbagliato in questa forma di democrazia?
E allora, ha concluso Ramadan, tra gli applausi, l'unica soluzione e' quella che lui chiama "etica della cittadinanza". Dialogare. Unirci "per", e non solo "contro" (contro la guerra per esempio).
Tutti questi concetti sono stati espressi in modo affascinante, ordinato, molto preciso. Ramadan e' bravissimo, un filosofo da seguire.
http://www.ica.org.uk/index.cfm?articleid=13685
Tariq Ramadan e' professore di studi islamici all'Universita' di Notre Dame e compare nella lista dei 100 principali filosofi contemporanei stilata da Time. Eppure recentemente gli e' stato negato il visto d'ingresso negli Stati Uniti.
Ieri Ramadan ha tenuto una lecture straordinaria, all'interno del ciclo di conferenze sulla fede e la spiritualita' che si svolge in questi giorni all'Istituto di Arti Contemporanee. L'incontro si e' tenuto alla Nash Room, una sala molto bella, ne' piccola ne' grande, con vista su un giardino.
La lecture aveva come titolo "The march of fundamentalisms?". Secondo Ramadan non c'e' una frattura tra 2 mondi (mondo islamico e occidente), ma una frattura all'interno di ciascuno dei 2 mondi, tra chi e' fondamentalista (islamico o occidentale) e chi, all'opposto, possiede gli strumenti ceh consentono il dialogo tra queste culture.
Il fondamentalismo non e' nella fonte, ma in chi sta leggendo. Posso leggere il Corano in modo letterale, volendo imitare il profeta, dogmaticamente (dogma che significa citare senza interpretazione, spesso senza capire). Oppure adattare i principi al nuovo contesto, piu' complesso. Per esempio: la sharia puo' essere seguita in modo integralista. Oppure essere considerata come una serie di principi da interpretare alla luce dei cambiamenti intercorsi tra la vita del profeta e la contemporaneita'. La modestia, per esempio, uno dei principi della sharia, puo' voler dire "vestire come allora" (portare il chador, ecc.), oppure "discrezione", che e' un concetto molto simile a quello che noi occidentali intendiamo per "modestia". Londra di oggi e' molto piu' complessa di Medina di allora, e in questo contesto i principi vanno ri-interpretati, non riproposti letteralmente.
La parte piu' interessante e' stata quella sul concetto di democrazia, un concetto che non e' parte della tradizione islamica (soprattutto nella concezione di democrazia parlamentare, per noi occidentali cosi' familiare). Eppure. Eppure, dice Ramadan, che democrazia e' quella nella quale milioni di persone scendono in piazza contro la guerra, ma la guerra accade? Non c'e' qualcosa di sbagliato in questa forma di democrazia?
E allora, ha concluso Ramadan, tra gli applausi, l'unica soluzione e' quella che lui chiama "etica della cittadinanza". Dialogare. Unirci "per", e non solo "contro" (contro la guerra per esempio).
Tutti questi concetti sono stati espressi in modo affascinante, ordinato, molto preciso. Ramadan e' bravissimo, un filosofo da seguire.
http://www.ica.org.uk/index.cfm?articleid=13685
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