17 secondi
Mi sveglio. Guardo il cielo. Nuvole grigie. Metto "Seventeen Seconds" (Fiction).
In questo disco c'era gia' tutto...
... la difficolta' di vivere una vita autentica ("It's just your part/ in the play for today" da "Play for today")
... il desiderio ("Talking all night in a room/ all night/ everything slowing down/ I wish I was yours", da "Secrets")
... la nostalgia ("Remember me/ the way I used to be", da "Secrets")
... la paura di volare ("I drown at night in your house/ pretending to swim", da "In your house")
... la debolezza ("Enough of that/ 'stand up straight'/ what nonsense", da "Three")
... la mancanza di una direzione ("I'm running towards nothing/ again and again and again", da "A forest")
... l'abbandono ("But tell me the words/ before you fade away", da "M")
... la solitudine ("Listen to the silence/ at night", da "At night")
... i sogni spezzati ("The dream had to end/ the wish never came true", da "Seventeen seconds").
Dopo "Seventeen seconds", ci sarebbero stati i suoni crepuscolari di "Faith" e la notte buia di "Pornography". Poi piu' nulla.
Ma quei Cure sono stati troppo importanti, i loro primi quattro album continuano a essere dischi fondamentali.
E l'ultimo minuto di "A forest", con quel basso profondo e la chitarra che ricama arabeschi dai colori acidi, lo trovo ancora oggi miracoloso.
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