Non si parlera' mai abbastanza di Tropicalia. I dischi che Caetano Veloso, Gilberto Gil, Os Mutantes, Tom Ze e lei realizzarono nella seconda meta' degli anni '60 restano quanto di meglio la musica brasiliana abbia saputo offrire. Per tutti i neofiti, non smettero' mai di consigliare questa raccolta: partite di li' e poi recuperate tutti gli originali che riuscite a scovare in giro, meglio se su vinile.

E se vi capita, non perdete un concerto di Gal Costa. Non so quanto sia facile intercettarla fuori dal Brasile. Io l'ho sentita Venerdi' sera qui al Barbican, e ho visto che fara' una residency al Blue Note di New York in Maggio. Posso sbagliarmi, ma credo che siano concerti davvero rari. La voce di Gal e' esattamente quella di allora, non e' invecchiata di una virgola. Il suono naturalmente in questi anni e' cambiato, si e' evoluto come e' successo anche con Caetano, Gilberto e gli altri. E' meno sperimentale di allora, piu' carezzevole, jazzy, lounge. Ad occuparsi di contaminazioni tra tradizione brasiliana e contemporaneita' oggi sono soprattutto Arto Lindsay e Moreno Veloso (il figlio di Caetano). Ma il fascino e l'eleganza, quando sono cosi' innati, rimangono intoccati dal passare degli anni.

Ascoltare quella voce in quel contesto (l'auditorium con l'acustica migliore che conosco, con tutto quel legno che ti avvolge come un guscio confortevole e ti fa sentire proprio dentro gli strumenti) e' stata un'emozione fortissima. Il pubblico, in gran parte giovani brasiliani, aggiungeva calore, e Gal si muoveva sul palco come una regina, per poi ringraziare con amichevole semplicita' tra un brano e l'altro. Una performance di incredibile classe, capace di portarci a uno stato mentale di pace, una soluzione liquida all'interno della quale ritrovarsi rinnovati.

Bisognera' proprio che mi metta a trasmetterli piu' spesso i maestri di Tropicalia.

Commenti

Anonimo ha detto…
L'ho acquistato alla FNAC a Verona dopo avere visto il punteggio altissimo su www.metacritic.com da parte delle riviste specializzate.
Questo Brasile trasportato ad Abbey Road in certi momenti entusiasma, quando lo ascolto mi vengono in mente accostamenti pazzeschi tipo: XTC che rifanno Aguas De Marco o Caetano Veloso chitarrista dei Kinks ...
Take It Easy di Jorge Ben vale da sola il prezzo.
Nicola
PS. Sulla comprensione delle donne concordo con te, forse per questo mi sono ritagliato un area di superiorità gnoseologica nell'hi-fi ...
Anonimo ha detto…
Che sbadato ... splendido l'incontro con il vecchio Ken, sarebbe stato perfetto se lo avessi incrociato con in braccio il tuo pero ... in quel caso avrei voluto essere pure io presente con una cinepresa ...
Anonimo ha detto…
ora vado a recuperarmi qualcosa di Gal, grazie per il suggerimento. che ne dici del Gotan Project? me ne sono appena innamorato!

un saluto
Fabio ha detto…
Nicola -

Meraviglioso quello che scrivi a proposito delle contaminazioni tra suono inglese e brasiliano: ascoltare Os Mutantes (meravigliosi, meravigliosi!) da' proprio quelle sensazioni. Beck inventato con oltre vent'anni d'anticipo. E sono perfettamente d'accordo con te anche su "Take it easy my brother Charlie". Ti puo' succedere proprio di tutto, ma sai che quella canzone esiste e ti puo' strappare un sorriso in una giornata di pioggia battente. E a proposito di film, Lunedi' ero a cena a casa di amici e una mia amica, studentessa di arte e comunicazione, mi ha proposto di diventare protagonista di un corto che verra' presentato nella sua scuola. L'idea mi piace da pazzi e faro' di tutto per postare il risultato qui o da qualche altra parte. Take it easy my brother Nicola!

Auro -

Non sono un grande fan del Gotan Project, ma devo anche dire che non ho ascoltato il loro nuovo album. Il fatto e' che i ritmi sintetici orientati al dance floor ed io non andiamo troppo d'accordo. Pero' cerchero' di ascoltarli se li consigli.
Anonimo ha detto…
Laddove il primo album dei Gotan Project aveva perlomeno il crisma della novità, il secondo è la pallida copia del primo, e al terzo ascolto capisci già che resterà a lungo in posizione verticale sul tuo scaffale, salvo che qualche amica lo veda durante una festicciola casalinga e decida che è la colonna sonora giusta per la serata.
Molto meglio un disco di Dino Saluzzi per cogliere lo spirito argentino.
Quanto al video della tua amica, quando verrà ultimato consiglio di presentarlo a una delle numerose rassegne e festival di corti, sempre più numerosi in Italia e in Europa.
Persino a Verona ne abbiamo uno, già al suo decennale; se del caso saremo lieti di mettere il video in programma.
Nicola
Fabio ha detto…
Beh, prima vediamo come viene, va! Su Dino Saluzzi concordo con te. Un po' triste, ma molto molto sincero.