Mauro Teho Teardo lo conobbi proprio qui a Londra, quattro o cinque anni fa, a un after show party di Matt Johnson e Jim Thirlwell. Parlammo di musica ed altro, e mi colpi' moltissimo: articolato, informato, eppure cosi' in fondo down-to-earth. Ci scambiammo e-mail e numeri di telefono, che non usammo mai e che probabilmente entrambi abbiamo perso.

Se avessi ancora la mail di Mauro, credo che gli scriverei un messaggio per complimentarmi per le strepitose musiche che accompagnano "L'amico di famiglia". Lo so, arrivo tardissimo, voi avete fatto in tempo a vederlo e a dimenticarvene gia', ma il film di Paolo Sorrentino qui e' uscito solo questo fine-settimana.

E fin dall'inizio, da "My lady story" di Antony che accompagna i titoli di testa, ti rendi conto che la musica nel film di Sorrentino non ha un semplice ruolo di accompagnamento. Al contrario, amplifica le emozioni come raramente accade al cinema. Assume un ruolo centrale, quasi preponderante rispetto alle immagini che scorrono sullo schermo.

E pensate anche al crescendo da paura di "The man with the red face" di Laurent Garnier, forse il brano dance piu' coinvolgente degli ultimi anni con quel sax trapana-cranio che sembra non finire mai di avvolgersi su se stesso come un serpente. Usato nella scena in cui la bella dice alla bestia di essere incinta e che non sa chi sia il padre del bambino.

E poi i brani di Teho Teardo con il violoncello lugubre di Erik Friedlander a sottolineare la cupezza della casa, delle azioni, dei pensieri di Geremia De Geremei - un personaggio da commedia dell'arte catapultato nel ventesimo secolo.

Il film peraltro e' ferocemente disturbante, con il suo rifiuto di anche solo accennare a una possibilita' di redenzione. I personaggi principali sono improbabili eppure cosi' reali: lo strozzino avaro, la bella Miss Agro-Pontino incoronata in una cerimonia con spettatori che si portano le sedie da casa, il sognatore country della bassa che spera un giorno di raggiungere il Tennessee sua terra promessa.

Ma anche i caratteri secondari sono formidabili: la famiglia borghese che chiede un prestito per far sposare la figlia, la vecchia che chiede soldi da giocare al Bingo, la giovane coppia che contrae un debito per poter tirare avanti, i venditori di bidet ad alberghi anglosassoni che di bidet non ne hanno mai visti.

Film sensazionale il terzo lungometraggio di Sorrentino: acido, teso, disgustoso fin dalle primissime scene. Incomprensibile per il pubblico anglosassone, e infatti sparira' presto dalle poche sale arthouse nelle quali viene proiettato. Se leggete da Londra, andatelo a vedere all'Istituto di Cultura Francese, con la sua hall silenziosa e un po' intimidente, senza pubblicita' e trailers, circondati da un pubblico di spettatori solitari e curiosi.

Commenti

Viola ha detto…
Non sono a Londra,purtroppo..ma qui a Roma forse riesco a trovarlo. nOn l'ho ancora visto.Ma leggo te e mi vien voglia di vederlo
Fabio ha detto…
C'e' una scena proprio girata a Roma, verso la fine, che e' formidabile. Per te che fai teatro e' un film proprio da vedere.
lophelia ha detto…
Ciao Fabio, da qualche giorno sto avendo un sinistro rigetto da rete ma leggere i tuoi ultimi post mi fa tornare la voglia di scrivere. Sugli anni '70-'80 ho già scritto, il film di Sorrentino l'ho trovato veramente bello e il tuo commento alla colonna sonora mi fa venir voglia di rivederlo. E' un film feroce, che non ti permette di prendere le distanze dalla miseria dei personaggi perché in un certo senso ti dice: siamo tutti Geremia.
Fabio ha detto…
Proprio cosi', mette di fronte alle proprie piccolezze e mostra le estreme, mostruose conseguenze dell'egoismo. Ed e' anche una riflessione sul tema delle necessita': la donna che chiede un prestito per la chirurgia estetica, la considera un bisogno primario, e cosi' la vecchia col vizio del gioco. Per Geremia accumulare e' una necessita', per il padre della sposa sono essenziali le bomboniere che permettono di fare bella figura. E cosi' via. Prigioni mentali che diventano catene.

L'ultima volta che mi venne un "sinistro rigetto da rete" fu quando mi accorsi che stavo rivelando emozioni in modo completamente fuori controllo. Spero non ti stia capitando la stessa cosa perche' non e' piacevole. Che poi, di fatto si risolve in fretta: nel mio caso sono tornato al progetto iniziale, che e' quello di raccontare la citta', forzando il mio ego a fare un passo indietro. Di lettori ne ho persi un bel po' facendo questo, ma si vede che doveva succedere. Mi resta sempre il dubbio se non sia venuto il momento di chiudere London Calling e fare spazio a qualche nuovo progetto, ma per il momento si continua.
lophelia ha detto…
Non è il motivo principale ma il rischio del sentirsi "sovraesposti" esiste. E' come stare sul filo del rasoio, offrire a chi legge qualcosa di vero, che venga dal cuore o dalla pancia (perché almeno per me è l'unico modo di entrare in contatto con gli altri), cercando al tempo stesso di non sputtanarsi senza rimedio.

Ma ci sono anche altri dubbi, altre domande, molte, sulle direzioni da prendere, sul senso da dare e da cercare.
Fabio ha detto…
E' proprio come dici. Cioe', persa la possibilita' di esporsi, che rimane davvero? Cosa si sta dando? Cosa si sta ricevendo?
Anonimo ha detto…
anche a me la colonna sonora è piaciuta tantissimo, specialmente il finale con i no twist. Dopo aver visto il film ho pure recuperato un po' di materiale di Antony and the Johnsons.
Su teardo dico che è bravo specie nella scelta del materiale; come musicista non mi garba molto. L'ho sentito un paio di volte dal vivo in 2 progetti diversi e mi ha deluso abbastanza. come persona pare anche a me molto con i piedi per terra
Sul film; si mi è piaciuto, interessante il fatto che non dia scappatoie ma vada fino in fondo nello scandagliare il peggio della natura umana (si sa che noi italiani brava gente abbiamo dei problemi di autocritica e analisi dei nostri lati negativi vedi alla voce fascismo) c'è però una aspetto che non mi ha convinto e che ho ritrovato descritto molto bene in una critica su liberazione (o così mi sembra di ricordare): il film ha una bellissima musica, una bellissima fotografia, ogni inquadratura è curata nel dettaglio, la costruzione dell'immagine ha una ricerca geometrica e formale e la sensazione finale è che la somma di tutto questo non dia un unità ma appunto rimanga una somma di lavori diversi. Ovvero un lavoro ottimo per estetica, musica, recitazione ecc ma non un film con un'anima, un'identità
NB rimane comunque un gran film e Sorrentino uno dei pochi registi interessanti in Italia
e infine; perchè dici che all'estero non lo capiscono?
Fabio ha detto…
Buffo il fatto che anche l'amica inglese che ha visto il film con me, davanti alla mia affermazione che il pubblico anglosassone non puo' capire quel film, mi abbia fatto la domanda che mi fai tu. Ti rispondo come ho risposto a lei, cioe' che senza comprendere la cadenza napoletana di Geremia de Geremei non si colgono tutta una serie di sfumature, anche culturali, che aiutano a capire la filosofia del personaggio. Stessa cosa con l'accento emiliano di Gino, personaggio che mi ha fatto venire in mente il uazzameriganismo di Vasco Rossi e Ligabue - non so se era voluto pero'. Poi c'e' il tema della mamma con la quale Geremia vive, che solleva tutta una serie di questioni sul mammismo italiano qui del tutto incomprensibili. E comunque i personaggi mi sono sembrati riflettere concetti italiani, tipo il "voler fare bella figura" del padre della sposa. Altro concetto lontanissimo dalla cultura inglese. La mia amica pero' non l'ho affatto convinta, vediamo se con te ho piu' successo.

Non capisco molto la critica di Liberazione, o comunque non mi riesce di condividerla. A me sembra che parte dell'originalita' del film sia proprio da ricercare nel sovrapporre elementi imprevisti, a te no?