Vivere a due passi dal Barbican, lo devo ammettere, ha i suoi vantaggi. Con tutto quello che succede in quello che e' il piu' grande centro culturale d'Europa, e' praticamente impossibile che in qualsiasi momento del giorno o della sera non accada qualcosa di almeno un po' interessante. Per uno come me che detesta stare in casa, il Barbican e' una tentazione costante. Al limite, se proprio proprio non mi va di vedere un film o sentire musica, posso sedermi a un tavolino sulla balconata del primo piano, leggere e guardare il viavai di persone. Quasi tutte le corrispondenze per Zoe sono state preparate su uno di queli tavolini infatti. Il Barbican mi ha salvato da cosi' tante serate noiose e solitarie in casa, che perfino agli spettrali passaggi sopraelevati di quel canyon urbano sono ormai affezionato.
In attesa della super mostra che quest'estate verra' dedicata al trentennale del punk, la galleria che occupa il terzo e quarto piano sta ospitando una retrospettiva sul lavoro di quel genio assoluto dell'architettura e del design contemporaneo che e' stato Alvar Aalto. Il quale sosteneva che ogni casa, ogni prodotto dell'architettura dovrebbe essere un frutto del nostro impegno per costruire un paradiso terrestre per le persone. E negli anni '40 parlava gia' di sostenibilita' ambientale e architettura organica. Ed era guidato dall'intuizione piuttosto che dalla razionalita. E quando esci dalla mostra vorresti averlo conosciuto, perche' Aalto non era un architetto, era prima di tutto un utopista, un umanista, un filosofo che attraverso le sue forme organiche e piene di luce ha realizzato una riflessione visionaria sul modo nel quale gli ambienti nei quali ci muoviamo influenzano la qualita' delle nostre vite.
Poi scendi, arrivi alla Curve, che e' proprio una grande curva a 180 gradi nella quale e' stata ricavata una galleria d'arte piccola spesso dedicata ad artisti emergenti, e incontri l'ultima geniale installazione di Jeppe Hein. Lui e' un danese che si diverte a giocare con gli spazi delle gallerie d'arte in modo originale - pensate a quello che vi ho raccontato varie volte, qui e alla radio, a proposito degli scivoli di Carsten Holler alla Tate Modern, la filosofia di fondo e' molto simile.
Ogni volta che un visitatore entra nella galleria, attiva un sensore, che fa muovere una palla delle dimensioni di un pallone da pallavolo. E tu segui la tua palla, che passa su dei binari, fa evoluzioni, si ferma e riprende come nelle sequenze cinetiche acrobatiche di Fischli e Weiss. E ti trovi a sorridere, e vedi che tutti gli altri visitatori stanno sorridendo perche' l'esperienza e' cosi' diversa e inaspettata e originale e, per qualche ragione difficile da spiegare, uplifting.
E andare al cinema al Barbican non ha nulla a che fare con andare ad un cinema del West End. Al cinema arrivi attraverso labirinto, passando sopra una serra in un tunnel di vetro, dopo il quale si apre una porta automatica ed entri in un corridoio deserto tipo palazzo uffici. Le prime volte, se non lo sai, arrivi regolarmente a film cominciato.
L'ultimo film che ho visto in una di quelle sale, proprio Sabato scorso, e' stato "A guide to recognizing your saints", opera prima di Dito Montiel, presentata all'ultimo Sundance festival e a Venezia, dove ha vinto un paio di riconoscimenti della critica. Un po' "Mean streets", un po' "Saturday night fever" ma senza l'elemento della danza. Girato nei Queens da questo regista che fu parecchio coinvolto nella scena dell'hardcore punk degli '80 - e si capisce bene vedendo il film. Bravissimo, come sempre, Robert Downey Jr.
[Ma in realta', lo ammetto, "A guide to recognizing your saints" non e' stato l'ultimo film che ho visto in assoluto. Lunedi' sera sono uscito di corsa dal lavoro, ho costeggiato il Tamigi fino al ponte di Waterloo e sono arrivato appena in tempo per l'inizio della serata che il National Film Theatre dedicava al centenario di Herge'. Le interviste erano parecchio interessanti, mentre vi assicuro che "Tintin et le mystere de la toison d'or", un film francese del 1961 con Tintin, il Capitan Haddock e il cane Milou tutti in carne ed ossa, beh e' stata una delle esperienze piu' trash della mia vita. Pero', appena prima dell'inizio del film, mi sono alzato per fare passare un ragazzo minuto, bassino e calvo, con grossi occhiali, giacca e pantaloni neri, All Star verdi. Era lui - che suonera' domani come DJ a Ministry of Sound, casomai qualcuno fosse interessato].
Commenti
certo che il trentennale del punk mi fa pensare..e stare male se quando tutto è iniziato avevo 18 anni e la matematica non è un opinione...
Stregaccia.splinder.com
Non penso, non e' molto il mio genere. Anche se un giorno, grazie a un comune amico, mi e' capitato di incontrarlo proprio qui a Londra, e mi ha fatto una bella impressione. Qui e' adorato per altro, credo che non ci sia un altro musicista contemporaneo italiano che gli Inglesi amano quanto Einaudi. Sul punk io ero un po' piu' giovane di te. Me li ricordo, i primi punk, alla stazione di Charing Cross attorno alle 17.30, l'ora del treno che mi portava da Londra al collegio dove studiavo, a West Wickham. Mi piacevano da pazzi, poi scoprii la loro musica e fu amore al primo ascolto.
Stregaccia -
Grazie. Ogni tanto mi viene voglia di chiudere London Calling, poi leggo un messaggio come il tuo e capisco che "non e' tutto inutile". Mandami un messaggio qui qualche giorno prima di passare dalle mie parti, magari riusciamo a bere una tazza di te' ai tavolini davanti al laghetto del Barbican adesso che, pare, e' arrivata la primavera.