Rodchenko deserves a quiet night


Il momento piu' bello del fine settimana, uno di quei momenti nei quali ti senti proprio vivo e felice di esserlo, e' accaduto Sabato sera, saranno state le nove e mezza. Sarebbe potuto succedere un po' prima o un po' dopo, ma invece quelli nei quali realizzi di essere felice sono sempre istanti che arrivano quando decidono loro e danno finalmente un senso a tutto. Poi passano e vanno, quando e se ritorneranno non e' dato sapere.

Tu li puoi aiutare, puoi magari facilitarne l'arrivo, dare loro appuntamento da qualche parte a una qualche ora, pero' non sai se arriveranno oppure se starai li' ad aspettare e non si faranno vedere. Ci sono luoghi nei quali quei momenti vanno piu' volentieri di altri. I sentieri dell'Engadina, la passeggiata tra Camogli e San Fruttuoso quando ti fermi a guardare il mare la' sotto, la Tate Modern.

Alla Tate Modern ho scoperto pero' che li incontri solo quando le gallerie sono deserte: alle 10 del mattino, al momento della chiusura, il Venerdi' e Sabato sera quando inspiegabilmente la Tate chiude alle 10.

Inspiegabilmente, perche' non c'e' nessuno, e insomma immagino che l'investimento necessario per tenere aperto quel catafalco di posto non sia mica indifferente. Pero' e' cosi', tradizionalmente. Qualcuno c'e': perlopiu' giovani coppie italiane, francesi, spagnole, che si riempiono gli occhi di linee e colori e si muovono in tutto quel silenzio, increduli. I custodi delle sale con lo sguardo fisso sulla lancetta dei secondi dei loro orologi, che se ti infili un Picasso nello zaino forse non se ne accorgono neppure. Inglesi non pervenuti: ci stanno gia' dando dentro con birra e vomito da alcune ore.

E insomma gironzolavo per le sale deserte della mostra sul costruttivismo, gustandomela per la terza volta (ha aperto Giovedi', fate da soli la stima delle volte che la vedro', considerando che chiude a meta' Maggio) e a un certo punto mi sono fermato per tipo 5 minuti a guardare i tre quadri monocromi Pure red colour, Pure yellow colour, Pure blue colour, nella sala 7, riempiendomi la retina di quelle pennellate (che dovevano, nelle intenzioni di Rodchenko, decretare la fine del linguaggio pittorico). Vicino, lontano, ancora un po' piu' lontano, ancora vicino.

Poi ho deciso di proseguire e sono entrato nella sala successiva, dove Barbara, unica presenza, era immersa in una serie di illustrazioni dal catalogo di una mostra del 1921. Ed e' stato a quel punto che mi sono reso conto un po' all'improvviso che le coordinate della realta' come siamo abituati a viverci in mezzo erano state totalmente annullate. Non c'e' nulla di drammatico in tutto questo, niente che riesco a descrivere a chi non ha mai fatto l'esperienza di diventare parte del tutto che ti circonda e in quel tutto perdertici completamente, non capire piu' dove finisci tu e inizia lo spazio tutt'attorno. Sensazioni sottili, in fondo. E del resto, a pensarci, chi cercava sensazioni forti a quell'ora del Sabato sera era da tutt'altra parte.

La mostra e' strepitosa, tra le migliori degli ultimi anni. Ieri sera ho cercato di concentrarmi e prepararci sopra un pezzo per Zoe, senza riuscirci. Troppi sono i riferimenti ai quali la mia mente correva ogni volta che provavo a buttare giu' qualche appunto. Ci riprovero' stasera, ma sinceramente non so quante speranze di successo potro' avere.

Qualche nota: dodici sale, lavori soprattutto (ma non solo) di Rodchenko e Popova, realizzati tra il 1917 e il 1925. I curatori hanno evitato il Rodchenko successivo, le sue opere fotografiche, che erano del resto state oggetto di una mostra alla Hayward Gallery meno di un anno fa (anche quella, magari qualcuno ricordera', presentata a Zoe - e per i musicofili che leggono no, non c'e' il ritratto di Lilya Brik ripreso dagli Ex).

La prima parte della mostra e' dedicata ai lavori pittorici, con i painterly architectonic della Popova, e le constructions e le astrazioni di Rodchenko. Magnifica la sesta sala, dedicata alla scultura, con due esempi di sculture sospese ottimamente illuminate che proiettano le loro ombre sulle pareti della galleria. L'ultima parte e' dedicata alla grafica, ai manifesti pubblicitari (la collaborazione tra Rodchenko e Mayakovsky), ai tessuti, ai costumi di scena per il teatro, al cinema. E per chi ha tempo, nel caffe' al quarto piano della Tate mandano in loop uno splendido film sulla Rivoluzione d'Ottobre.

Commenti

lophelia ha detto…
bello avere un luogo di meditazione cosƬ a portata di mano in cittƠ.
E Rodchenko ĆØ sempre sorprendentemente moderno.
Fabio ha detto…
Sabato mattina ci ho portato la Eos nuova e non l'avevo mai vista cosi' felice. Si guardava attorno scattando ogni particolare.

Rodchenko e' incredibile in tutto quello che ha fatto: uno degli artisti piu' completi del ventesimo secolo, che non si finisce mai di scoprire e apprezzare.