Welcome to the jungle
I festival delle comunita' del mondo sono, da soli, una buona ragione per vivere in questa citta'.
Giunto alla sua sesta edizione, quest'anno il Festival del Cinema Curdo ha abbandonato il Rio di Dalston, sua tradizionale sede, e letteralmente invaso la citta', dall'Est (il Rich Mix di Bethnal Green) all'Ovest (il Riverside di Hammersmith), passando per Bloomsbury (il cinema del Birkbeck College) e Shoreditch (la sede di Amnesty International).
Per due settimane, attraverso film e documentari, il festival racconta la storia passata e presente di un popolo senza una nazione, che vive in una regione politicamente divisa tra Turchia, Iraq, Iran, Siria e Armenia.
Il tema dell'immigrazione e' centrale, raccontato sia da una prospettiva soggettiva che attraverso la macchina da presa di registi non appartenenti alla comunita'.
E' il caso del film che ho preferito tra quelli proiettati fino a qui, Welcome, del regista francese Philippe Lioret, con Vincent Lindon, uno dei miei attori francesi preferiti, nel ruolo di protagonista.
Accompagnato da una toccante colonna sonora scritta da Nicola Piovani, Welcome racconta la storia di un diciassettenne curdo, Bilal, che ha attraversato tutto il Medio Oriente e l'Europa con la speranza di raggiungere l'Inghilterra, dove vive la sua fidanzatina.
A Calais, Bilal e' costretto a interrompere il suo viaggio, scoperto dalla polizia francese proprio mentre nascosto nel rimorchio di un camion sta per imbarcarsi e attraversare la Manica.
Bilal, determinato fino in fondo ad arrivare in Inghilterra, inizia a pianificare l'attraversamento della Manica a nuoto. Decide di spendere i suoi ultimi risparmi per comprare un abbonamento alla piscina, risoluto a un regime di allenamento senza sosta.
Qui conosce Simon, burbero maestro di nuoto, che si incuriosisce per la passione e i progressi di questo ragazzino educato e gentile. Simon che e' appena stato lasciato dalla moglie, attivista per i diritti dei migranti, della quale e' ancora innamorato.
Un po' per la simpatia che prova per Bilal, un po' per riconquistare la passionaria moglie, Simon inizia a dare rifugio a Bilal, e nonostante cerchi di dissuaderlo dall'impresa, gli presta la sua muta e assiste alle prove di attraversamento.
Oltre a Bilal, ospita un suo amico. Ma i vicini non gradiscono. A seguito di un diverbio, uno di loro (che ha scritto sullo zerbino Welcome, da cui il titolo del film) avverte la polizia, suggerendo che Simon abbia una relazione con il minorenne Bilal...
Spero di non avervi gia' raccontato troppo. Il film (la cui scena finale e' girata all'interno del deprimente shopping centre di Elephant & Castle) ha il pregio di raccontare con grande efficacia e straordinario senso ritmico, pregiudizi e discriminazioni all'interno della civile Europa.
Scorrono i titoli di coda, e la comunita' curda libera la tensione in un caloroso applauso, riconoscendo in quello che ha visto sullo schermo il proprio viaggio alla ricerca di un futuro migliore.
Cinema civile, interessante, che fa capire molto, che tutti dovrebbero vedere.
Commenti
Bloomsbury e' una zona che amo, pero' la conosco certamente meno di te che ci hai vissuto per anni. I turisti danarosi non sono la prima cosa che penso quando penso a Bloomsbury, se non attorno al British Museum magari.
Ma quelli li identifico piu' con Knightsbridge, per dire.
Bloomsbury per me e' il Renoir e Lamb's Conduit, dove passo sempre volentieri. E il campus dell'UCL e della SOAS.
E comunque il bello di questa citta' e' che in mezz'ora ti sposti tra Elephant & Castle, Bloomsbury, Knightsbridge, Brixton, Barbican... Zone che non potrebbero essere piu' diverse, socialmente, culturalmente, architettonicamente.
(Visto cosa ti sei perso Sabato andando a sentire i Cranes?).
non ĆØ stato cinema – ma del resto il cinema italiano fatto di finto doppiaggio mi preoccuperebbe su un film come Welcome, sempre che fosse certa la sua distribuzione – ma ĆØ stato computer e aria casalinga.
Vincent Lindon mi ĆØ parso perfetto. giĆ lo apprezzavo, ma qui perfetto.
poi una storia possibile, giĆ reale, qualcosa di (purtroppo) tutti i giorni. niente di eclatante, nulla di gigantesco.
alla fine un magone sottile. nessun pianto, nessun urlo. una sofferenza solidale che fiorisce attraverso immagini e suoni, attori e lingue.
Philippe Lioret mi ĆØ davvero piaciuto. come mi sono piaciute le sue dichiarazioni che hanno paragonato iracheni e afghani agli ebrei in periodo nazista, e la polizia francese al regime collaborazionista, per cui il ministro dell'immigrazione Eric Besson ha sospirato sdegno e vergogna.
leggo di un suo primo film, TombĆ©s du ciel (1993) – Trenet nella colonna sonora? – per cui parte una nuova ricerca...
quindi grazie, un buonissimo consiglio.
Fai bene a sottolineare che di una storia possibile si tratta, perche' io credo che il miglior cinema sia quello che sa raccontare storie possibilissime e quotidiane, quello che sullo schermo riflette la vita che scorre attorno a noi, senza effetti, e soprattutto senza superflue finzioni.
Alla fine mi sono sentito come te, e c'e' voluto l'applauso forte, attorno a me, di persone che di Bilal ne hanno conosciuti (e di Simon, e di lampeggianti della polizia, e di umiliazioni al supermercato) per farmi sorridere e cacciare dentro il magone.
Alla ricerca di Tombes du ciel, allora.
ho scoperto perĆ² che "Terminal", il film con Tom Hanks con un uomo bloccato per questioni burocratiche in un aeroporto, ha palesemente rubato il soggetto del film di Lioret, che ha detto: "Un giorno all'aeroporto mi sono imbattuto in una strana storia per davvero. All'aeroporto parigino di Roissy arriva un giorno dall'America un iraniano, Alfred Miran; ĆØ senza passaporto, glielo hanno rubato a Montreal mentre aspettava di imbarcarsi; ĆØ domenica, a Roissy gli dicono che deve aspettare l'indomani per gli accertamenti; Alfred passa la notte su una panca alla Dogana, e scopre che in questo locale, una sorta di purgatorio, vive un drappello di irregolari in attesa di riavere un documento d'identitĆ ; in quei due giorni ha occasione di fare un'esperienza davvero istruttiva, un soggetto ideale per un film. Nel ruolo del protagonista avrei voluto Mastroianni, ma era giĆ malato, e ho scelto Jean Rochefort. Il film ĆØ stato bene accolto a San Sebastian, ma non ha avuto una buona distribuzione. Anni dopo, Spielberg si ĆØ innamorato di quella storia, e senza informarsi per sapere se qualcuno non se ne fosse giĆ occupato, ne ha comprato i diritti per 30.000 dollari e ci ha fatto un film. Irritazione a parte, mi ha fatto piacere in fondo il fatto che la mia prima idea di film sia stata l'ultima di Spielberg!"
Ricordo quando usci' il film con Tom Hanks, e nonostante fossi interessato al tema lo evitai, per il cattivo gusto che mi lasciano sempre le produzioni americane mainstream.
Voglio informarmi all'Istituto Culturale Francese di South Kensington: sospetto che nella loro fornita videoteca abbiano il DVD di Lioret. Se cosi' fosse, forse potrei provare a caricarlo in rete (immagino si possa: lo faccio sempre con le puntate di Prospettive Musicali, anche se immagino che un DVD ci metta un'eternita').
Myriam -
Film come Welcome e' gia' una benedizione vederli nei festival.
Distribuirli nelle sale non conviene a nessuno. Gli inglesi, fatta eccezione per un'elite culturale molto ristretta, non sono affatto interessati alla cultura degli altri Paesi.
Il Sabato sera, poi. All'ora della proiezione ci stavano dando dentro al pub da almeno 5 ore ed erano almeno alla decima pinta.
Ricorda che questo e' il Paese nel quale al primo posto delle classifiche degli album piu' venduti c'e' Susan Boyle, e i film piu' visti della settimana sono stati New Moon (12 milioni di sterline di incasso) e 2012 (3 milioni).
Storicamente, la Gran Bretagna e' sempre stato un Paese molto arretrato culturalmente rispetto all'Europa, con una ristrettissima elite dotata di gusto per le cose belle della vita e una massa di zoticoni, mantenuti di proposito nell'ignoranza e nella poverta'. Nel Regno Unito (regno, appunto) una delle due camere del Parlamento e' quella dei Lord, della nobilta' per appartenenza di sangue. Tutti gli anni, chi possiede una casa deve pagare una cosa che si chiama ground rent, che altro non e' se non un pizzo alla nobilta'. E nessuno dice nulla.
Poi, grazie alla presenza di tanti immigrati, come anche tu e io siamo, in questo Paese arretrato si sono sviluppate istituzioni culturali di primo piano, peraltro totalmente disertate dagli inglesi.
Perche' arrabbiarsi? Gli inglesi nemmeno li vedo negli ambienti che frequento. Loro hanno il loro stile di vita, incentrato completamente sull'alcol ("Hai visto, guarda la regina!" mi ha detto una volta Marco, indicando una lattina di birra per strada, "Questa e' la regina di questo Paese"), noi europei il nostro, che per fortuna e' aperto e curioso.
Ne prendo atto, e mi va bene cosi', anche perche' anche se mi arrabbiassi non potrei farci nulla.
Myriam
Il caffe' del Foundling! Non ci torno da una vita. E' ancora aperto? L'ultima volta che passai di li', un annetto fa, era chiuso per lavori. Che luogo che rilassa l'anima.
L'alternativa e' il caffe' del London Review Bookshop, che pero' e' spesso affollato. Troppo poco nascosto.
Il caffe' del Foundling invece devi proprio sapere che esiste, e infatti ci sono sempre massimo 5 persone, spesso lettori silenziosi.
Myriam -
Credo che Moya con "vera Londra" intendesse proprio la Londra dei residenti.
Marco -
Grazie per l'informazione, e soprattutto cerca di non perderlo. Mi viene da pensare che sia un'anteprima e che verra' distribuito in Italia, ottimo. Lo vedrei bene all'Anteo, come genere di pubblico.
infatti intendevo la Londra dei residenti, perche', anche se ci abito da tanto, resto un po' turista anch'io
ciao!
Spero di non averti offeso, perche' non era naturalmente mia intenzione.
Ho una grande stima per una certa inglesita', colta e raffinata, ma mi fanno molta tristezza, vivendo qui, altre manifestazioni dell'essere inglesi: la celebrity culture portata alle estreme conseguenza, il conformismo e la ripetitivita' del binge drinking, il molto limitato interesse per chi e' diverso da loro.
Sono apertissimo alla tua interpretazione, ma per quanto mi riguarda mi sono fatto l'idea che una maggiore permeabilita' tra le classi permetterebbe a questa societa' di migliorare parecchio.
E invece, a differenza dall'Europa continentale, qui le classi sociali vivono in regime di permanente separazione: ci sono scuole per bambini ricchi e scuole per bambini poveri, zone super-protette per ricchi e zone per la plebe, ecc.
Il mio commento poteva essere non chiarissimo peraltro, e mi scuso se l'hai interpretato in modo un po' offensivo.
Mi piacerebbe che mi dicessi se pensi che le mie percezioni sono del tutto sbagliate, ti che qui (mi sembra di capire) sei cresciuto.
E no, non sei stato affatto aggressivo, e a me piace molto capire il punto di vista di altre persone: si impara sempre.