Karsten Stueber, L'empatia (Il Mulino, 2010)
Sempre bello, d'estate, dedicare una parte dei pigri pomeriggi liberi da ogni preoccupazione di lavoro, a ripassare e approfondire i contenuti dei nostri studi, sempre piu' distanti nel tempo.
Chi all'universita' ha studiato scienze sociali, come il redattore di questo blog, credo sia ancora affezionato alle analisi rigorose e alla grafica sobria e minimale dei volumi pubblicati da Il Mulino, che rappresentano sempre, ad ogni visita in libreria, una forte tentazione.
Tra i titoli letti quest'estate, consiglio in particolare questo saggio, parte della bella collana di testi e studi di psicologia, dedicato alle teorie sull'empatia e alla sua, da alcuni messa in discussione, importanza epistemica nella comprensione del comportamento degli agenti attorno a noi.
Il volume e' certamente "di parte": la centralita' dell'empatia nella formazione dei nostri percorsi interpretativi, sostenuta con forza dal filosofo tedesco, e' probabilmente un po' estremizzata. I sociologi e gli antropologi, in genere, infatti ridimensionano l'importanza delle teorie psicologiche del senso comune, che enfatizzano l'aspetto istintivo dell'approccio empatico al mondo, sottolineando l'importanza di un approccio epistemico che privilegi l'interpretazione del comportamento sociale attraverso una prospettiva culturale complessa (cioe' legata alle singole culture di riferimento).
La teoria dell'empatia ricostruttiva, che combina i due approcci (istintivo e culturale), riferendosi anche all'evidenza fisiologica dei neuroni specchio, mi sembra pero' particolarmente convincente.
A tratti il linguaggio diventa un po' per addetti ai lavori, ma con un po' di impegno (e qualche sbirciatina a Wikipedia per ripassare concetti un po' impolverati), credo che si tratti di una lettura su un tema coinvolgente (e per me la e' decisamente stata).
Chi all'universita' ha studiato scienze sociali, come il redattore di questo blog, credo sia ancora affezionato alle analisi rigorose e alla grafica sobria e minimale dei volumi pubblicati da Il Mulino, che rappresentano sempre, ad ogni visita in libreria, una forte tentazione.
Tra i titoli letti quest'estate, consiglio in particolare questo saggio, parte della bella collana di testi e studi di psicologia, dedicato alle teorie sull'empatia e alla sua, da alcuni messa in discussione, importanza epistemica nella comprensione del comportamento degli agenti attorno a noi.
Il volume e' certamente "di parte": la centralita' dell'empatia nella formazione dei nostri percorsi interpretativi, sostenuta con forza dal filosofo tedesco, e' probabilmente un po' estremizzata. I sociologi e gli antropologi, in genere, infatti ridimensionano l'importanza delle teorie psicologiche del senso comune, che enfatizzano l'aspetto istintivo dell'approccio empatico al mondo, sottolineando l'importanza di un approccio epistemico che privilegi l'interpretazione del comportamento sociale attraverso una prospettiva culturale complessa (cioe' legata alle singole culture di riferimento).
La teoria dell'empatia ricostruttiva, che combina i due approcci (istintivo e culturale), riferendosi anche all'evidenza fisiologica dei neuroni specchio, mi sembra pero' particolarmente convincente.
A tratti il linguaggio diventa un po' per addetti ai lavori, ma con un po' di impegno (e qualche sbirciatina a Wikipedia per ripassare concetti un po' impolverati), credo che si tratti di una lettura su un tema coinvolgente (e per me la e' decisamente stata).
Commenti
Oltre a essere un tema interessante, trovo questo scritto molto emozionante, proprio perche' ha a che fare con un modo emozionale di comunicare e condividere, che trascende la pura razionalita'.
(scherzo)
Viene il mal di testa al solo pensiero...
E invece prova a immaginare un volume sull'empatia scritto da un americano. Come minimo sarebbe un manuale di auto-aiuto per segretarie e casalinghe!
http://www.ibs.it/code/9788860300164/boella-laura/sentire-altro-conoscere.html
ma procedo abbastanza a rilento.
Un approccio americano all'empatia ĆØ quello della PNL; piĆ¹ o meno ricopiare gli atteggiamenti dell'altro (postura, respiro, movimento etc.), per arrivare a "sentire" quello che sente.
Casa editrice The Mill (Il Mulino)...
non datemi spago
Sembra interessante, la prossima volta che passo alla Cortina lo sbircio.
Qualcuno mi dovra' spiegare un giorno perche' agli americani non basta capire i fenomeni, e devono sempre usare quello che capiscono (nel loro modo rozzo e semplificato) per modificare la realta' anziche' limitarsi a conoscerla per quello che e'.
Ho assistito a una presentazione di un corso di PNL, dove lavoro, e me ne sono andato a meta', piu' o meno schifato.
Arte -
Certo che l'ho letto e riletto ma ti segnalo che ora e' uscita la nuova versione, "How to become empathetic in 24 hours while you learn to cook". Non so se te lo consiglio, dato che per l'anno prossimo e' prevista la pubblicazione di "How to become empathetic instantaneously while managing your finance", e aspetterei quello.
Molto profondo, come si addice a una donna inglese, anche Empathic shopping di Sophie Kinsella (editrice Mulinaholic), secondo la quale l'empatia dipende dal rapporto tra smalto delle unghie e ultimo modello di infradito acquistato.
Sicuramente su molte cose ti apre la mente. La sua forza ĆØ al tempo stesso il suo limite: ignora deliberatamente il "perchĆ©" per concentrarsi sul "come". E secondo me sono necessari entrambi.
E a proposito di empatia, hai mai provato a capire se chi hai di fronte decifra il mondo principalmente attraverso la vista, l'udito o il senso cinestesico? Io una volta ho sputtanato una relazione per non averlo capito.
Il Daily Mail scrive oggi che la nostra instancabile Oprah sta gia' lavorando alla edizione del 2012, dal titolo Be empathic and lose weight in no time through online shopping. A questo punto aspetterei addirittura quella edizione, dalla elegante copertina a caratteri cubitali dorati su sfondo fucsia.
Lo -
No, non e' stata propinata a scopo motivazionale o per vendere. Anzi l'azienda per la quale lavoro non c'entra, semplicemente concede gli spazi delle sale riunioni, dopo l'orario di lavoro, alle varie societies formate dai dipendenti.
Per esempio io partecipo a quella dei vegetariani (che organizza cene e sedute di yoga) e a quella degli appassionati di filosofie orientali (che organizza conferenze e incontri).
Tempo fa si era pensato anche a un records club, mai in realta' decollato.
Probabilmente la PNL funziona anche, ma io soffro di una vera e propria idiosincrasia nei confronti delle "tecniche" di manipolazione della realta'.
Sto leggendo un bel saggio di Pietro Barcellona (filosofo ed ex deputato del glorioso PCI) che si intitola Elogio del discorso inutile.
In buona sostanza, sostiene l'importanza della pura comprensione dei fenomeni, della speculazione sostanzialmente inutile a un fine pratico, ma che ci permette di approfondire conoscenza, esperienza, emozioni, sentire. Il resto, se deve venire, avverra' in tempi naturali, organici.
Nutro anche seri dubbi sui cambiamenti rapidi: quello che acquisisci o apprendi rapidamente, lo perdi altrettanto rapidamente secondo me, soprattutto se al come non si affianca un perche' (come dici).
E agli americani in genere il perche' non importa nulla (lo dico da ricercatore con clienti americani).
E per rispondere alla tua domanda, molto in tema: no, non me la sono davvero mai posta. Ma capisco quello che stai dicendo. E sono convinto che esistano strade diverse che portano a un rapporto empatico e partecipato alla realta'. Faccio pero' fatica a comprendere quale senso uso principalmente.
Uno direbbe l'udito, perche' sono appassionato di musica, ma poi mi piace tanto fotografare...
Per te invece credo che la vista sia il senso che ti avvicina maggiormente al mondo e agli altri, giusto?
E'un discorso che porterebbe molto lontano, spero che prima o poi avremo occasione di parlarne a voce.
buon weekend:)
In realta' credo che rivalutare inutilita' e ozio come antitesi del paradigma produttivistico capitalista e dell'imperativo del successo che di tale paradigma e' ingombrante corollario, abbia un suo perche'.
E' riportare al centro del mondo il pensiero, dal quale le azioni vengono generate, anziche' il contrario (faccio quello che mi viene detto e trasformo la mia mente di conseguenza: vedi il paradigma della carriera cosi' predominante nei dimenticabilissimi anni '80).
E' un approccio molto umanista, se ci pensi.
Poi si', certo, a volte funzionalita' e utilita' diventano importanti, per trovare soluzioni a problemi pressanti. Ma non sempre.