La cura: 2) Accettazione.
Premessa essenziale di questa serie di post e' che ho scelto consapevolmente un taglio personale. Ho deciso di tenermi lontano dalla teoria, che del resto conosco solo in parte.
La cura e' un racconto della mia esperienza con la malattia. Sono osservazioni scritte da chi sta scalando piano piano una montagna, non consigli di una guida alpina. Per quelli ci sono gia' molti siti professionali ai quali vi rimando.
L'accettazione, della quale vi vorrei parlare in questo post, e' un tema in qualche modo ambiguo e puo' avere senso definire la linea netta di confine tra accettazione e rassegnazione. L'accettazione la associo a un atteggiamento in qualche misura positivo, la rassegnazione a un'ammissione un po' grigia di sconfitta, non liberata da recriminazioni.
A differenza della rassegnazione, l'accettazione aiuta a superare la depressione e l'ansia perche' mette un punto al nostro passato. Accettando, chiudiamo una porta alle nostre spalle. Cominciare da zero, senza portare con noi il pesante bagaglio del nostro passato, ci consente di scalare la montagna con maggiore agilita'.
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Ricordo molto bene la prima seduta di psicoterapia. Ho affermato qualcosa tipo: se avessi fatto xyz, adesso ecc. ecc. L'analista danese molto ECM non mi ha nemmeno lasciato finire la frase. Evento credo unico in tutte le nostre conversazioni, mi ha interrotto con fermezza. Lei non ha fatto xyz, ha detto perentoria, quindi quello che sarebbe successo se avesse fatto xyz non lo sa e non lo potra' sapere mai.
Non abbiamo fatto xyz. Accettiamolo. Possiamo ancora farlo? Allora mettiamoci d'impegno. Non possiamo piu' tornare indietro? Dimentichiamo xyz. Ma senza un senso di grigia rassegnazione. Abbiamo fatto altre scelte, che in quel momento ci sembravano quelle migliori per noi.
Il passato e' passato. Accettiamolo per quello che e' stato. Abbracciamolo quel passato e perdoniamo noi stessi per i nostri inevitabili e umanissimi errori.
Una volta conquistato un senso di sincera accettazione, possiamo guardare davanti a noi. E fare qualcosa di nuovo, introducendo elementi di discontinuita' nelle nostre vite.
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Un'osservazione che vale per questa e per altre parole chiave che affronteremo nei prossimi episodi di La cura: non si procede in modo lineare nella consapevolezza.
E' piu' un sentiero percorrendo con caparbieta' il quale si incontrano quelli che Platone e Aristotele chiamavano atti noetici, salti improvvisi della coscienza. Alla meta si giunge con il pensiero logico dialettico, ma in qualche modo sospendendone il controllo razionale. Lasciandosi un po' trasportare.
All'accettazione io sono giunto dopo averci riflettuto molto, ma se devo essere sincero quando non me lo sarei aspettato. Un mattino mi sono trovato di fronte a un dilemma che avevo rimosso per un'intera settimana, spostando un impegno perche' non sapevo come affrontarlo.
Dopo una settimana, non mi e' piu' stato possibile posticiparlo ancora. Cosi' ho scelto. Ho pronunciato a me stesso il celebre aforisma di Gandhi, sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. E mi sono buttato un po' nel vuoto. Per farlo, ho dovuto spingere in un angolo il mio ego, sospenderlo completamente. Metterlo in condizione di non ostacolarmi.
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Quel mattino ho scoperto di avere ali che non sospettavo di possedere. Invece di cadere, sono planato dolcemente.
A quel punto ho capito che era successo. Con tanta fatica, avevo raggiunto l'accettazione. Sapevo volare, perche' ero, finalmente, leggero.
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