Sabato mattina, andando a fare il mercato a Borough, mi sono fermato al Jerwood Space a dare un'occhiata ai finalisti di Jerwood Contemporary Painters. E, una volta di piu', ho confermato il rapporto difficile che ho maturato in questi anni per la pittura. Forse ve ne sarete accorti: a Zoe mi capita di parlare di installazioni, grafica, architettura, fotografia. Mai o quasi mai di pittura. E quando lo faccio, com'e' successo recentemente dovendo raccontare il Turner Prize, cerco di limitare i toni critici. Il fatto e' che per quanto mi stia sforzando di farmela piacere, la pittura rimane per me un linguaggio lontano. Meno immediato della fotografia, piu' prevedibile rispetto alle installazioni multimediali, meno visualmente coinvolgente della grafica contemporanea.
Infatti, l'unico lavoro che ha davvero attirato la mia attenzione, era quello di una giovane artista londinese che ha dipinto di arancione la copertina di un dodici pollici, sapete le copertine dei white labels, quelle con la finestrella circolare in corrispondenza dell'etichetta del vinile. Poi, all'interno della copertina, ha infilato ad arte un dieci pollici. Detto cosi' non so se si capisce, ma insomma, l'etichetta bianca del dieci pollici formava una specie di luna, uno spicchio nero della quale era rappresentato dal vinile. Vi assicuro che l'effetto, una volta appeso, non e' affatto male se per voi, come per me, nulla e' mai minimo come dovrebbe essere.
E pero', uscito da quel bello spazio bianco punteggiato da macchie colorate non tutte comprensibili, dopo aver camminato in mezzo ai mattoni e al cemento di Union Street, quando sono arrivato alla cattedrale di Southwark e ho visto nel suo giardino un bell'albero fiorito, mi sono reso conto di quanto gli alberi continuano ad essere per me una fonte di piacere visuale come nessun'opera d'arte potra' mai diventare. Le loro trasformazioni in primavera, lente o improvvise, sono uno spettacolo emozionante come nessun artista potra' mai produrre. A volte basta fermarsi e tagliare fuori tutto il resto dal nostro campo sensoriale. Guardare, ascoltare, meravigliarsi.
"I can hear the grass grow", come cantavano i Fall.
Commenti
In linea di principio sono d'accordo. Forse solo rare vette di cultura possono reggere il confronto con la natura.
e con questo me ne torno lontana dalla rete, che è meglio:-)
A parte il fatto che abbiamo già discusso che cosa si può considerare arte e che cosa immonde schifezze, comunque la potenza della primavera ha un che di rilassante e di stimolante insieme che non trovo in nessuna opera d'arte. Vale anche per i colori dell'autunno o il sole dell'estate, of course.
Ma perchè in Italia non esiste una festa della primavera come quella giapponese della fioritura dei ciliegi?
Auro
Sulla prima Bocca di Leone della stagione poi invariabilmente fanno un articoletto sul giornale, chi l'ha trovata, la foto ecc.
Questo la dice lunga su due cose: il clima, e l'atmosfera da Paese dei Balocchi dove vivo.
Secondo me in Italia non fanno la festa della primavera perchè la bella stagione è tutto sommato abbastanza comune tutto l'anno, non rappresenta quel risveglio della natura che invece è nei paesi nordici e magari anche in Giappone che ha un clima abbastanza freddo...poi lì il ciliegio ha tutta una simbologia...
Forse. E comunque perche' non vedere le due dimensioni legate. Ero a cena con un'amica pittrice qualche tempo fa, e quando le ho chiesto cosa le da' ispirazione per dipingere, mi ha risposto: guardare gli alberi. Mi viene in mente anche una bella intervista che ho letto tempo fa, nel corso della quale Joanna Newsom sosteneva che la sua musica desidera riprendere il dialogo dell'eta' classica tra arte e natura.
Eh, comunque ti si aspetta in rete, spero che il tuo rigetto sia solo passeggero - e soprattutto che abbia a che fare con una rinascita della vita vera.
Auro -
Il problema di molta arte contemporanea e' la sua concettualita', che a volte richiede di conoscere il contesto filosofico nel quale e' stata concepita. In ogni caso il legame tra arte ed estetica si e' ormai sciolto da tempo. Dopodiche' vale un po' quello che potremmo dire anche a proposito di poesia o teatro contemporanei. Non sono immediati, richiedono pazienza, tempi lenti. Mi viene da pensare che sono quasi dei lussi che pochi si possono permettere: non e' il tempo uno dei beni piu' preziosi degli anni nei quali stiamo vivendo? La possibilita' di vivere lentamente non e' solo di pochi privilegiati? Poi certo, si puo' decidere di fare spazio, ma quanti possono davvero?
Il problema della festa della primavera, mi viene da credere che sia il fatto che non potrebbe essere legata al calendario, ma a quel qualcosa che si esperisce durante le prime giornate calde di sole. Io a dire il vero quest'anno non la sto sentendo molto: stamattina per uscire ho dovuto indossare maglioncino, giacca e giaccone col cappuccio per proteggermi dal nevischio! Eppure, secondo il calendario dovrebbe essere iniziata ieri...
Arte -
Anche tu chiami il luogo dove vivi "Paese dei Balocchi"? Anche io chiamo Londra allo stesso modo! Certo che li' da voi le stagioni si sentono diversamente, uno davvero non deve fare un grande sforzo per generare quei silenzio e concentrazione che permettono di percepire il suono dell'erba che cresce e dei fiori che sbocciano. ma anche li' fa ancora freddo come in inverno? Qui e' cosi'.
E' vero che il tempo è il vero lusso del giorno d'oggi (forse anche di ieri, mica tutti potevano permetterselo) ed in particolare la possibilità di lasciarlo vuoto, di non riempirlo quando ce l'hai a disposizione.
Auro
Grazie per aver portato un po' di poesia nordica qui a Londra.
Auro -
O forse, adesso che ci penso, e' Pasquetta, l'unico giorno dell'anno nel quale e' un piacere starsene a casa.