It was people on their way to work, unemployed people, who were engaging with my work


The conscious decision to work in the public realm was so that my viewers wouldn't be the art-educated - it was people on their way to work, unemployed people, who were engaging with my work.

- Robin Rhode


Domani e' Giovedi' e di conseguenza questo blog torna ad avere una sua radiofonica diffusione all'interno di Zoe, che ci ospitera' come sempre alle 11.30 e poi alle 21, su Radio Popolare.

E torneremo a parlare di street art, arte poverissima che arriva alle gallerie partendo davvero da molto lontano. Da un'idea e dal volerla realizzare con pochissimi mezzi: un muro, un gessetto, oggetti trovati.

Robin Rhode arriva dalla Johannesburg della gang culture. Da bambino visse in prima persona l'apartheid, la segregazione della sua famiglia. E oggi si racconta con linguaggi artistici che vanno dalla performance art all'illustrazione, dalla fotografia alla video arte.

Ha solo 32 anni, ed e' l'artista piu' giovane al quale la Hayward Gallery abbia mai concesso i propri brutalisti spazi sul fiume. E una sua mostra ha appena aperto alla prestigiosa White Cube di Hoxton Square.

Alla Hayward sono esposti i suoi storyboards, pieni di humour e realizzati con nulla, e una serie di video di sue performance nel corso delle quali interagisce con gli oggetti da lui disegnati.

E a poca distanza, nello spazio sotto il Southbank sempre affollato da acrobatici skateboarders, possiamo ammirare un lavoro di grandi proporzioni realizzato nei giorni dell'apertura della mostra e gia' parzialmente coperto dal lavoro di giovani writers che si stanno riprendendo i propri spazi:

Commenti

Anonimo ha detto…
bravi i taggers per aver ripreso le loro attivita'! myriam
Fabio ha detto…
Si' pero' potevano almeno lasciare finire la mostra, oppure non fare finta che non ci fosse nulla sul muro. Di fatto, ammettiamolo, i tag sotto il Southbank sono alquanto ripetitivi, vanno avanti con la stessa solfa da almeno 7 anni.
Anonimo ha detto…
niente da dire ma non mi sembrava un lavoro molto interessante quello fatto in onore della mostra..de gustibus..c'e' arte anche nei tag,che puo' piacere o meno..de gustibus..myriam
Fabio ha detto…
E comunque e' anche giusto che si riprendano uno spazio tradizionalmente loro, sono d'accordo con te. Peraltro tutta la street art e' temporanea, vedi per esempio i tag strepitosi su quel muro di una traversa di Brick Lane che si vede a destra venendo da Bethnal Green Road, un po' dopo il 24 Hours Bagel Shop, davanti al quale mi fermo a bocca aperta ogni volta che passo di li'.
lophelia ha detto…
perchƩ non posti una foto di questi strepitosi tag per farceli vedere? sono curiosa! e tu sei il mio Art Channel preferenziale e preferito...
:)
Fabio ha detto…
Quello delle fotografie e' un tema interessante, perche' mi permette di aprire una parentesi, e raccontare una cosa. Che magari interessera' pochissimi, ma qualcuno di voi forse si'.

Mi sono domandato in questi giorni se ritornare al vecchio nome del blog, o continuare a chiamarlo Engadina Calling.

Questi ultimi sono stati mesi complicati nel rapporto che ho con questa citta' (prima o poi arrivo al punto delle foto, promesso).

Dal rifiuto totale di Settembre al recupero di una relazione positiva con lo spazio e la cultura attorno a me. Un bumpy ride, ma con una direzione precisa, strada accidentata ma senza curve e senza tentazione di inversioni a U per tutto il percorso.

Restano post come quello di alcuni giorni fa (Ma se io avessi previsto tutto questo), che vengono fuori un po' all'improvviso quando abbassi la guardia e documentano il confronto con altri expat sul senso di vivere qui.

Ma insomma nel complesso devo ammettere che avevano ragione tutti i miei amici (senza eccezione) quando mi suggerivano di ripensarci, alla mia comunicazione che avrei lasciato questa citta' per ritirarmi a vivere in un piccolo paese tra le montagne della Svizzera, lontano da qualsiasi distrazione che non fossero canti di uccelli e rumore di cascate.

Paradossalmente, non ho mai vissuto la citta' con la passione di questi ultimi mesi. Il desiderio di scappare di qui si accompagnava incoerentemente con una vita piena di cose, incontri con amici vecchi e nuovi, decine di film mostre e concerti che mi lasciavano il tempo solo per tornare a casa quando era ora di appoggiare la testa al cuscino.

E' avvenuta, senza che me ne accorgessi una sorta di ridefinizione, una "rinegoziazione delle mie condizioni contrattuali", per rimanere qui, e alla fine sono contento di avere frenato, di avere fermato una macchina che avevo messo in moto a piena velocita' e che mi stava portando via da qui forse per sempre.

Il mio posto e' questo, e se e' vero che il mio cuore batte forte ogni volta che mi trovo in un luogo aperto e silenzioso come l'Engadina, in questi mesi ho capito che e' altrettanto vero che senza nutrire la mia anima di arte e musica sempre nuove mi verrebbe a mancare una sorgente fondamentale di gioia.

E le foto con tutto questo che c'entrano? Sono esattamente l'elemento mancante ad un recupero completo del mio rapporto con Londra. e non riesco a capire se sto fotografando meno come segnale che sono meno affezionato agli spazi oppure, come ormai credo molto piu' probabile, perche' molto di quello che c'e' da fotografare l'ho gia' ripreso con tutte le possibili luci e atmosfere.

Che senso avrebbe, per esempio, la centocinquantesima foto della Tate al tramonto? E pero' quando passo da quelle parti mi fermo sempre per un istante a osservare quella che ormai e' diventata una parte di me, una componente della mia vita, come se non mi servisse rifotografarla, perche' mi basta scorrere le fotografie che ho fatto con l'anima in tutti questi anni nei quali la Tate si e' presa cura di me.

Ecco perche' ci sono meno fotografie mie in questo blog, e ho deciso di riprendere a illustrare i post con immagini che trovo in rete.

Cambiera' tutto questo? Forse, vedremo. La bellezza di avere un blog e' proprio registrare questi cambiamenti, senza opporre resistenza.

Scusa la lunga risposta. Peraltro sto uscendo per andare dalle parti del Southbank, e se la luce lo consentira' (sono gia' quasi le 18.30 qui) qualche scatto mi sa che lo faccio e poi se viene bene lo posto qui.

In ogni caso, sempre a proposito dell'idea della Svizzera, lascia che ricopi qui un frammento di una mail ricevuta ieri, da un'amica che ha incontrato in treno due signore di Sciaffusa:

"Come han detto "Sciaffusa" ho drizzato le orecchie, mi son fatta carina e le ho riempite di attenzioni, come si conviene tra signore. Ho raccontato la strana storia (anonima) di un amico italiano che da Londra vuole andare lƬ da loro a lavorare...peccato non aver avuto una telecamera!!!! han sbarrato gli occhi incredule!!! poi si son guardate tra loro iniziando a commentare in tedesco! insomma, pare che sia un posto piccolo, umido e silenzioso, molto curato questo si! ma che oltre alle cascate ha ben poco da offrire, forse solo il cioccolato... Poi ho accennato"Il mio amico ama la musica, il cinema..." lƬ, han cominciato a ridacchiare tra di loro, e ho capito che oltre alla banda locale che suona alla domenica al parco...di musica non c'ĆØ molto.

Conclusione: si son raccomandate che ti consigliassi di star lƬ dove sei...e magari cambiare lavoro...".

Ancora una volta Lo, scusa la lunghezza...
lophelia ha detto…
Anzi, grazie. Per me Engadina Calling ĆØ sempre rimasto London Calling, non ĆØ per trascuratezza che non avevo cambiato il link...
il bello del blog ĆØ proprio che sia lo specchio dei nostri cambiamenti e dei nostri umori piĆ¹ o meno passeggeri.
Anonimo ha detto…
propongo un banale "Afterthoughts Calling"...

;P

JC
Fabio ha detto…
Lophelia -

Alla fine e' tutte e due le cose insieme, che si tengono in equilibrio e si completano. Perche' scegliere?

JC -

Anche Indecision Calling non e' mica male.
Anonimo ha detto…
Quel Southbank del video si trova per caso vicino alla Tate Modern, o sulla strada per andarci? Se ĆØ quello, ĆØ legato ad un piccolo ricordo: qualche anno fa ospitava delle bancarelle di libri usati dei quali ho riempito lo zaino. Poi arrivato alla Galleria, il controllore all'ingresso, vedendo lo zaino cosƬ voluminoso, mi chiese cosa contenesse. "Books", gli dico. Non si fida, mi chiede di poter controllare, e quando vede i libri, fa: "Wow!". Q.
Fabio ha detto…
Certo, e la bancarella c'e' ancora, sotto il ponte di Waterloo, davanti al caffe' del British Film Institute.

A proposito di Tate, oggi ho vinto il catalogo di Rothko a una lecture, rispondendo a un quiz sui quadri tutti neri - uno dei miei cavalli di battaglia!
Anonimo ha detto…
eri anche tu alla Tate, oggi?
Ci sono rimasta ben 4 ore tra Rothko e Cildo Meireles e sono partita con i piedi impastati di farina!!!!oh non partire da Londra, che vai a fare in Svizzera, se vuoi ti compro una mucca che metti in giardino. erhm..a proposito,ma hai un giardino?
Ci si sente per domenica, ciao! Myriam
Fabio ha detto…
Actually no, la lecture era da un'altra parte, ma la mostra di Rothko l'ho vista almeno 4 o 5 volte e quella di Meireles pure quella. Strepitosa l'installazione della farina. Io ci sono entrato senza stivaloni, troppo bello camminarci scalzi!

OK per Domenica - peraltro le previsioni dicono che piovera' tutto il giorno...