La maratona di Rovereto


Fine settimana molto bello nonostante il tempo inclemente: visto diversi amici, conosciuto persone nuove interessanti, trovato il tempo per leggere un po', passeggiato a Hampstead senza rimanere chiuso nel parco grazie a un guardiano gentile, comprato il catalogo della mostra di Rothko, due camicie e un paio di jeans di velluto proprio come li cercavo da tempo (a costine ne' troppo strette ne' troppo larghe).

E riascoltato per intero Music in twelve parts di Philip Glass, approfittando della nuova esecuzione uscita sulla newyorkese Orange Mountain, registrata nel 2006 a Rovereto.

Music in twelve parts e' probabilmente il capolavoro assoluto del compositore americano: piu' ascoltabile dei lavori minimalisti che lo hanno preceduto, piu' etereo delle composizioni per il teatro e il cinema.

Paragonabili a un lavoro monumentale di Sol Lewitt, del quale Glass era amico, Donald Judd, Frank Stella, Mark Rothko, le quattro ore di Music in twelve parts vennero composte tra il 1971 e il 1974. La musica si sviluppa in centri concentrici, in una ripetizione ossessiva di scale tonali di lancinante bellezza, per tastiere, flauto, sax soprano e voce.

I pensieri si fanno leggeri, l'attitudine contemplativa, il respiro rilassato.

Ascoltiamone insieme un frammento:

Commenti

Anonimo ha detto…
Dico la veritĆ : a me queste tirate di Glass provocano una sensazione di straniamento, anche un po' fastidioso (anche se sono comunque dei pezzi di bravura), ma non rilassano per nulla. Preferisco i brani nei quali ricerca un effetto passionale, drammatico, tipo "Opening", da Glassworks, oppure alcuni di "Einstein ...".
http://www.youtube.com/watch?v=imbwn6iVryQ
Q.
Fabio ha detto…
Ti ringrazio per il video Q. A questo punto hai chiamato questa cosa qui:

http://uk.youtube.com/watch?v=9xullIzBHzU.

La grandezza di Glass e' inscritta nella sua straordinaria capacita' di evolvere continuamente il proprio linguaggio musicale. In questo, tra i compositori americani del secolo scorso lo trovo piu' simile alla sublime Laurie Anderson che, che so, a Feldman o Reich. Piu' emozionale pur restando in un ambito di marcato minimalismo.

Se ci fai caso, soprattutto osservando le mani della pianista, riconosci nei Glassworks elementi dell'alfabeto minimalista dei suoi primi lavori.
Anonimo ha detto…
Il tuo linkCosa intendevi dire con 'osservando le mani'? p.s. il tuo link, guardacaso, ĆØ proprio l'altro dei pezzi di Glasswork che preferisco. Q.
Fabio ha detto…
Nel senso che individui scale molto simili. Le puoi di fatto anche solo ascoltare, ma vedendole ti rendi conto ancora meglio.

Anche a me Facades emoziona tantissimo ogni volta che la ascolto.
Anonimo ha detto…
tutto il lavoro fatto con (o sotto l'influenza di) Shankar e' spettacolare, pieno di emozioni e trasporto...

a.
Fabio ha detto…
Molto vero. Io posseggo solo Passages, sai se hanno inciso altre collaborazioni?
Anonimo ha detto…
oh la la - che domandone.
credo di si, ma non ricordo un album, dev'essere la musica di un film od un'opera teatrale... quando posso faccio una ricerca googlista-wikipedista, ok?

stammi bene.