84/ Come tutti meritiamo.



Non sono del tutto d'accordo con chi ha stroncato Hammamet di Amelio perche' si tratterebbe di una riabilitazione.

Io almeno non l'ho letto in quel modo. Ne ho colto invece l'aspetto malinconico che accompagna ogni umana caduta.

Abbiamo questo continuo bisogno di polarizzare i nostri giudizi. Di identificarci con e di differenziarci da. Inventiamo i buoni e i cattivi. Tu di qui, tu di la'.

E' che abitiamo uno spazio intermedio difficile da definire anche a noi stessi. E non e' un luogo facile nel quale vivere.

Abbiamo questo bisogno di provocare cadute. Pensate ai social, dove le greggi si trasformano in branco. Piu' sangue scorre, piu' belve accorrono.

La signora che ieri postava le foto del nipotino oggi scaglia pietre col desiderio di ferire.

La biondina che definiva cucciolotto il fidanzato calvo e tatuato in quel succinto costumino oggi partecipa al linciaggio al vigile che ha parcheggiato in divieto di sosta, dimenticando di aver fatto lo stesso solo ieri per andare dall'estetista.

Siamo giudici implacabili. Emettiamo sentenze senza appello. Condanniamo il prossimo per assolvere noi stessi.

Basterebbe un minimo di empatia. Perdonare e essere perdonati con generosita', come tutti meritiamo. L'empatia e' rivoluzionaria.

Siamo tutti molto mediocri. Ed e' solo il riconoscimento della nostra umana mediocrita' che ci permette di migliorarci, di provarci almeno, un millimetro alla volta.

Commenti

l. ha detto…
l'ho visto proprio ieri, e sono d'accordo con quello che scrivi. Anche se il film l'ho trovato riuscito solo parzialmente, e penalizzato dal personaggio d'invenzione (credo) del figlio dell'ex dirigente operaio. Molto riuscito invece il sogno finale.
Fabio ha detto…
Il figlio dell'ex dirigente operaio e' la nota stonata del film. Non aggiunge nulla e distrae dato che nonostante abbia fatto un po' di ricerche non mi sembra che la storia che racconta alla fine sia davvero accaduta, e nemmeno ne comprendo il senso.

Invece sarebbe stato interessante trovare nel film la vicenda di Sergio Moroni e del suo suicidio. La sua lettera di addio e' un bel manifesto contro i processi sommari. Che all'epoca delle gogne social si sono moltiplicati con conseguenze altrettanto tragiche e piu' frequenti.

Il sogno e' una rappresentazione di quegli anni. Se la vicenda fosse successa negli anni '70 sarebbe stato cupo e pieno di ideologia. Poi arrivarono gli anni '80 e cambio' tutto.

Oggi a me sembra si vedano i prodromi di una nuova epoca polarizzata, pur se diversa. I neri restano tali, cupi e violenti. Ma a contrapporsi e' oggi una cultura improntata all'ecologia, assai piu' solare e gentile della controcultura dei '70. Penso ai venerdi' per il futuro e al movimento italiano delle sardine. Se ne sentiva la mancanza. La nostra generazione non ha saputo esprimere nulla di simile. Non ci abbiamo nemmeno provato. Ci siamo arresi troppo presto e i risultati si vedono.