Qualche giorno fa ho visto questa foto appesa nel caffe' della Photographers' Gallery (del quale ho parlato ieri mattina a Zoe, per chi ha avuto la pazienza di ascoltare), e me ne sono innamorato.
Ha evocato in me i boschi delle colline dove sono cresciuto. Ho sentito il suono dolce del vento di primavera, e mi sono visto bambino mentre correvo con i calzoncini corti tra quell'erba incolta.
E mentre ero perso in quella foto, ho sentito distintamente il pulsare geometrico di quel basso, il glockesnpiel gentile, le gocce elettriche di quella chitarra, e poi quella voce:
Into the heart
of a child
I stay awhile
oh, I can go back
Into the heart
of a child
I can smile
I can go there.
La foto e' di Marketa Othova'.
Commenti
Buona serata
grazie per questi tuffi!!
Proprio ieri sera guardavo i miei ingranditori, un Meopta e un Durst. Il Durst vorrei venderlo ma credo che non troverei acquirenti. Mi chiedo spesso se il Bianco e Nero stampato a mano riuscirà a sopravvivere alle burrasche tecnologiche. Le stampe ai sali d'argento sono ormai oggetti rari, la loro bellezza è impareggiabile: ma parlano un linguaggio che invecchia vertiginosamente, attimo dopo attimo. Diventeranno come i classici greci o latini? I veri classici restano immortali, ma ora nessuno più parla latino o greco. Chissà.
Beh potere evocativo della fotografia, io sono solo il tramite delle emozioni che l'immagine mi ha dato.
Ele -
Ho pensato la stessa cosa. E' semplice eppure universale.
Lophelia -
Non so tu, ma io ho un rapporto puramente funzionale con la macchina digitale, l'iPod, il computer, il telefono cellulare, ecc. Sono tutti oggetti d'uso ai quali non riesco (ancora?) ad affezionarmi. Poi vedo la Voigtlander di mio padre, il mio vecchio giradischi Sansui con i profili in legno, il telefono con la rotella, e li vorrei abbracciare tanto mi piacciono, vorrei preservarli dallo stesso passare del tempo che ci accomuna. Il Durst non venderlo, te ne pentiresti.