Domenica 30 Gennaio 2005

“Mi affascina la vita quotidiana, l’attesa tra il desiderio e la sua realizzazione”
- Alex Kapranos

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E’ passata da poco la mezzanotte tra Domenica e Lunedi’. Un altro fine settimana sta finendo. Andy Kershaw ha appena trasmesso “Revolution rock” dei Clash, e ascoltandola mi sono preparato una tazza di te’ alla menta.

Ci siamo lasciati Venerdi’ sera. Salto sull’autobus numero 4, direzione Islington. Incontro Marco da Wagamama, poi concerto di Jesse Malin alla Islington Academy, pessimo locale ricavato all’interno di un centro commerciale davanti alla metro di Angel. Assolutamente “packed” per l’ultima data della tournee del cantautore newyorkese. Data acustica: Jesse Malin voce e chitarra, Christine Smith tastiere e background vocals. Concerto lunghissimo, oltre due ore. Molto coinvolgente per la prima meta’, poi abbastanza ripetitivo. Belle cover di “Death or glory” dei Clash e “Helpless” di Neil Young. Gli originali di Malin non sono cosi' belli, ma in effetti contengono parte dell'energia dei Clash e parte della poesia di Neil Young. Molto divertente il finale, palco che viene disintegrato, Malin che ritorna con una scala di metallo e la scaglia (dopo che aveva gia’ tirato in giro microfoni, aste e tutto quello che gli era capitato per le mani).


Jesse malin Posted by Hello

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Ho girato su Virgin Radio perche’ e’ finito il programma di Andy Kershaw su BBC Radio 3. Stanno passando i Coldplay. Non mi piacciono, ma mi ricordano il mio ultimo viaggio negli Stati Uniti, Novembre 2004. Questa canzone si ascoltava ovunque.

Sabato pomeriggio sono stato a Brixton , Photofusion, la galleria dedicata alla fotografia subito dietro la stazione della metro (nella stazione dopo i lavori di ammodernamento sono state rimosse le impalcature, ed e' spuntato un numero impressionante di telecamere, telecamere ovunque, mazzi di telecamere puntate in ogni direzione, “monitor outside for the people inside for prevention of crime” come cantava Siouxsie). Per arrivare a Photofusion, usciti dalla stazione della metro girate a sinistra e poi dopo il supermercato ancora a sinistra, nella caotica e lercia vietta del mercato (che si chiama Electric Avenue). La prima traversa e’ Electric Lane, appena a destra trovate l’insegna di Photofusion, suonate e vi aprono. Hanno appena inaugurato una mostra di Etienne Clement che speravo un pochino migliore. Belle foto, molto colorate. Pupazzetti di quelli che si trovano negli ovetti di cioccolato, fotografati con macro in magazzini abbandonati. Pero’ vista una foto le altre sono proprio tutte identiche.

http://www.absolutearts.com/artsnews/2005/01/21/32696.html

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Un pochino deluso sono tornato sui miei passi, ho preso la Victoria Line fino a Green Park, dove ho cambiato, Piccadilly Line fino a Leicester Square. Esco dalla metro e vedo Marco, il che e’ proprio strano perche’ in una citta’ come Londra incontrarsi casualmente e’ quasi impossibile, e per di piu’ mi sta scrivendo un sms! Ce ne andiamo alla Photographers’ Gallery, dove ci sono un po’ di cose interessanti. Una mostra di Melanie Manchot: foto molto diverse da quelle che conoscevo (i ritratti della madre che avevo visto l’anno scorso alla Tea House di Bethnal Green). Una serie di immagini scattate a Mosca. Piazze, biblioteche, parchi, fotografati dopo aver chiesto a passanti e visitatori di disporsi in modo “molto artistico”. Una serie davvero riuscita. Nel caffe’ della galleria invece e’ esposta una serie di fotografie di Rodchenko “ritoccate” dopo che Stalin aveva, ehm, cambiato idea sui dirigenti del partito in Uzbekistan. Da non perdere, al piano superiore, i ritratti in bianco e nero di Margo Davis, scattati in Nigeria.

http://www.24hourmuseum.org.uk/exh_gfx_en/ART25782.html

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Serata con cena da Sausage & Mash di Spitalfields, ideale per parlare, tranquillissimo. Vegetarian all day breakfast e budino di riso. Presi dalla gola poi abbiamo percorso Fournier Street fino a Brick Lane, per comprarci qualche dolcetto indiano da mangiare al cinema, tappa successiva. Dolcetti al latte, zucchero e cocco, che nel mio caso sono finiti ben prima di raggiungere il cinema. Film strepitoso, immaginate un incrocio tra “I vitelloni” di Fellini e un film di Billy Wilder, il tutto rifatto con spirito indie americano. Si intitola Sideways ed e’ un film dolce-amaro e irresistibile. Il regista e’ Andrew Payne (lo stesso di “About Schmidt”, che non mi aveva fatto impazzire) e uno dei due attori principali e’ Paul Giamatti (che avevo visto un annetto fa in “American splendor”, altro film che non mi era piaciuto moltissimo). “Sideways” e’ un road movie che fa ridere e contemporaneamente commuove e fa pensare. Strepitoso oltre ogni limite l’incontro tra Miles (Paul Giamatti) e Victoria, la sua ex moglie, che si e’ appena risposata e gli comunica di essere in dolce attesa. “E’ l’anno dei matrimoni” dice Miles per dire qualcosa, prima di andare a mangiare da solo in un tristissimo fast food. Ma non aspettatevi un film triste, tutt’altro. Molti di noi si riconosceranno nei personaggi. E non c’e’ niente che mi piace di piu’ che ritrovare la mia vita in un film, in un libro, in una canzone. Succede a volte no? Pensate ai libri di Alain De Botton, ai film di Eric Rohmer, alle canzoni degli Smiths... E non c'e' niente che mi e’ piu’ utile per capire me stesso e le persone attorno a me, per farmi domande e cercare risposte.

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Dopo il film metro fino a casa. Un busker suona “Sweet home Alabama” che canticchio nella mia testa senza accorgermene, fino a quando mi si chiudono gli occhi.

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The tapes revenge! Sabato sono andato da Borders in Charing Cross. Imballatissimo. Salgo al piano superiore con sotto braccio tutti i giornali e riviste che mi ci stanno, cerco un posto. Lo trovo su un divano dove c’e’ un tipo che ascolta musica in cuffia con espressione felice, sapete quei tipi che comunicano serenita’. E sapete cosa stava ascoltando? Non uno di quegli schifosissimi candidi asettici ammennicoli da yuppie fuori tempo massimo, non un Ipod insomma (l’oggetto che in assoluto detesto maggiormente, insieme alle rivoltanti valigie trolley). Un semplice walkman a cassette! La serenita’ e’ nel cuore, non nei mega di memoria, non nel seguire il gregge.

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E stasera dopo una bella nuotata e un buon curry giapponese da Soba a Soho, altro film. Il primo episodio della trilogia di Theo Angelopoulos sulla storia della Grecia nel ventesimo secolo. Qui e’ uscito con il titolo “The weeping meadow” e lo proiettano al mio amato Renoir, in Bloomsbury. Quasi tre ore nel classico stile del regista greco. Visualmente straordinario. Il cinema di Angelopoulos e’ come un corso d’acqua che scorre lentamente, al quale abbandonarsi. “The weeping meadow” mi e’ piaciuto quasi quanto “L’eternita’ e un giorno”. E’ un affresco storico ricco di simboli e metafore, e anche un’emozionante storia personale. "Challenging but rewarding" direbbero qui.

"As the century was ending, I thought of all that had happened. It'd started with world war; there'd been modernism in the arts, and a century of cinema. Never had the world seen such change or hope. But it ended bitterly: socialism gone, racism everywhere and still wars being waged in the name of democracy. It was also a century of women. Men made war, women suffered".

- Theo Angelopoulos

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