61/ Un'interpretazione.



Cercando di restare a distanza di sicurezza dalla risposta emotiva, giovedi' notte quando Emanuele Valenti della redazione esteri mi ha chiesto di analizzare a caldo i risultati delle elezioni UK ho elencato cinque fattori:


1) La discontinuita' con il passato del partito conservatore.

Boris Johnson e' un personaggio pop. Sta ai tories che pure lo hanno candidato come Donald Trump sta ai repubblicani americani.

Il partito conservatore ha compreso che se avesse presentato un candidato in continuita' con l'impronta di David Cameron e Theresa May avrebbe perso.

Hanno cosi' fatto un salto mortale, dalla campagna pro-remain di Cameron a Get Brexit done di Johnson. Il quale non ha lesinato gesti di estrema discontinuita' appena diventato primo ministro. Pensate alla lunga sospensione dei lavori parlamentari.

In questo modo il partito conservatore ha introiettato quelle spinte populiste del Brexit Party e dello UKIP che ne avevano decretato la sconfitta. Ha cambiato pelle e gli elettori hanno premiato questo cambiamento.


2) Gli errori strategici del partito laburista.

Jeremy Corbyn ha sbagliato tutto quello che avrebbe potuto sbagliare. Non ha preso una posizione chiara sulla Brexit. Avrebbe negoziato un accordo e poi non l'avrebbe promosso restando neutrale. Ma che significa? Nessuno l'ha compreso.

Presentando un manifesto marxista radicale con una spesa pubblica e una pressione fiscale ai massimi storici ha spaventato gli elettori della classe media. Allo stesso tempo non ha compreso il riposizionamento della classe lavoratrice rispetto a quella di molti anni fa.

E oltre a non avere intercettato il cambiamento della societa' la sua comunicazione e' apparsa complessa e confusa. Pensate ai margini di ambiguita' che ha lasciato a proposito delle accuse di antisemitismo che gli sono state rivolte.


3) L'onda lunga del 2008.

Il 2008 ha segnato un punto di svolta. La old economy - acciaierie, fonderie, cantieri navali, industria mineraria - gia' agonizzante non ha resistito al terremoto dovuto alla crisi finanziaria.

All'inizio degli anni '10 la new economy digitale ha preso velocita'. Ma le opportunita' sono rimaste concentrate nella capitale. La sofferenza sociale fuori da inner London e' cresciuta un po' ogni anno.

La Brexit e' stata la valvola di sfogo perfetta. Si sono identificati capri espiatori fuori da se'. L'Europa. L'elite di Londra. Gli immigrati.

Quelli dall'Europa che approfittano delle opportunita' occupando posti di lavoro di valore. E quelli dai Paesi poveri, che secondo i tabloid sarebbero stati imposti dall'Europa  e che avrebbero richiesto assistenza e avrebbero incrementato la pressione sul servizio sanitario nazionale.


4) La solitudine sociale.

Dallo studio, Emanuele mi ha chiesto com'e' cambiata l'Inghilterra. Gli ho risposto che Londra non e' cambiata molto. Magari e' cambiato il rapporto tra noi espatriati e i locali, va bene. Ma Londra resta un luogo pieno di vitalita' e energia.

Ma pensate di vivere nei Midlands. I dopolavoro dove ci si incontrava per giocare al Bingo e festeggiare insieme le ricorrenze hanno chiuso tutti. Le persone se ne stanno in casa. Facebook. Netflix. Ognuno da solo.

Cosa li tiene legati a una cultura comune, a parte l'alcolismo? Il senso di appartenenza a una nazione dalla storia imperiale. Il patriottismo. Brexit e' stata anche questo.


5) I tabloid.

Non sto a descriverli, li trovate tutti online se volete farvi del male. La narrazione della realta' che portano avanti il Sun, il Daily Mail e il Daily Express e' agghiacciante.

Questa narrazione razzista e sessista, l'unica che le classi subalterne alcolizzate e indebitate conoscono, propone la ricchezza estrema - calciatori, vincitori della lotteria - quale unico modello di felicita'.

E' un modello terribile perche' l'obiettivo non e' raggiungibile e genera quindi una frustrazione senza sbocco possibile. Se ne esce con una rabbia cieca e distruttiva, della quale abbiamo visto giovedi' e vedremo nei mesi a venire dispiegarsi gli effetti, che saranno devastanti.

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