75/ Ma ci chiamano liberi.



Anche oggi vorrei prendere spunto da Oscar Wilde per la mia riflessione.

"In guerra," rispose il tessitore, "il forte schiavizza il debole, e in tempi di pace il ricco schiavizza il povero. Noi dobbiamo lavorare per vivere, e loro ci danno una paga tanto misera da morire.

Noi per loro fatichiamo tutto il giorno, e loro accumulano oro nei forzieri; e i nostri bambini muoiono precocemente, mentre i volti di coloro che amiamo si fanno duri e cattivi. Noi pigiamo l'uva, ma il vino lo bevono gli altri. Noi piantiamo il grano, ma la nostra dispensa e' vuota. 


Portiamo catene, ma nessuno le vede; noi siamo gli schiavi, ma ci chiamano liberi".

E' un passaggio che ho tratto dalla favola del giovane re. 

In L'anima dell'uomo sotto il socialismo, lo scrittore dublinese afferma

Il socialismo, il comunismo, o come scegliate di chiamarlo, tramutando la proprieta' privata in benessere pubblico, e sostituendo alla competizione la cooperazione, riportera' la societa' alla sua naturale condizione di organismo completamente sano, assicurando prosperita' a ogni componente della comunita'.

Una volta abolita la proprieta' privata, per Wilde

non esisteranno piu' il bisogno o l'insicurezza, ma neanche i lavori sfiancanti, le malattie, la bruttezza, lo sciupio dell'animo umano dietro a inimicizie e rivalita'.

Naturalmente e' una visione utopica. Non sappiamo se l'abolizione della proprieta' sia la panacea che descrive. Ma e' sotto gli occhi di tutti che il sistema neoliberista nel quale viviamo moltiplica disuguaglianze e quindi insicurezza e malessere.

Raccomando ancora una volta, ora che e' nelle sale italiane, Sorry we missed you di Ken Loach. Il film mostra le conseguenze esistenziali dell'insicurezza e rende evidenti le catene invisibili citate da Wilde.

Commenti

Andrea ha detto…
caro Fabio, come la vedo io e' che mi sembra di essere ancora alla fase di apertura della consapevolezza, rendermi conto che questo sistema di vita non e' sostenibile e irreale, svegliarsi dal sogno che mi vendono i manifesti pubblicitari ("QUANTO sarai contento quando andrai alle MALDIVE con COSTACROCIERE!"), pian piano realizzare che sono ancora mezzo addormentato e mi hanno rubato l'identita' online e impacchettata in una scatola insieme a milioni di altre. Ma a che livello di consapevolezza sono? 3 su 10? 1? Quanto sono ancora schiavo? Quanto lo sei tu?

Ma non sono sicuro che alla fine di questo percorso di risveglio (anni? decenni? mai?) il nuovo-Io mi dira' che bisogna abolire la proprieta' privata. Sono piu' propenso a pensare che alla fine di quella strada ci sia un'animo (piu') sereno che cerca di svegliare qualcun altro, renderlo meno schiavo, meno addormentato, piu' consapevole. Tipo Matrix ma senza le botte ;-)
Fabio ha detto…
Ciao Andrea!

Beh, direi che sei a un livello di consapevolezza elevato, sulla base di quello che hai scritto.

Per come ti conosco credo anche che tu abbia gia' sviluppato gli anticoprpi necessari a gestire la prossima fase delle nostre vite. Anche perche' non mi sembra che tu sia mai andato alle Maldive con Costa Crociere e quindi il cambiamento sara' meno traumatico che per altri.

Svegliare qualcun altro e' certamente un compito importante perche' ci salveremo tutti insieme o non si salvera' nessuno, per quanto consapevole sia il nostro stile di vita.

Io vedo una forte relazione tra la possibilita' di sviluppare un animo sereno e una migliore distribuzione all'interno della societa'.

Abraham Maslow, che studio' la questione in profondita', sosteneva che solo una volta soddisfatti i bisogni di base, come cibo e riparo, l'uomo puo' evolvere verso un agire con motivazioni piu' collettive e profonde e giungere all'autorealizzazione del proprio potenziale umano.

Wilde lo dice in modo piu' istintivo e poetico, ma il senso non cambia. Il modello neoliberista nel quale viviamo genera competizione e insicurezza.

Forse non sara' necessario superare l'istituzione vetusta della proprieta' privata, anche perche' questo richiede una maturita' che la societa' non possiede ancora.

Ma senza limitare le disuguaglianze, troppo potenziale umano va sprecato. Troppo dolore si genera inutilmente. La crescita delle malattie mentali e il coseguente esponenziale incremento di anti-depressivi dimostrano che il modello capitalista-liberista non e' sostenibile e va cambiato.

Dobbiamo imparare a lavorare meno e consumare meno, per potere realizzare noi stessi. E dobbiamo accettare una redistribuzione ispirata a valori di fratellanza, uguaglianza e collaborazione tra tutti per il bene comune.